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Omicidio Sharon Verzeni

Omicidio Sharon Verzeni, il pm chiede il giudizio immediato per Moussa Sangare

Moussa Sangare è accusato dell’omicidio pluriaggravato di Sharon Verzeni, uccisa la notte tra 29 e 30 luglio a Terno d’Isola (Bergamo). Il pm Emanuele Marchisio ha chiesto il giudizio immediato per il 30enne.
A cura di Enrico Spaccini
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Moussa Sangare e Sharon Verzen
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La Procura di Bergamo nelle prossime ore richiederà ufficialmente il giudizio immediato per Moussa Sangare. Il 30enne di Suisio (in provincia di Bergamo) è accusato dell'omicidio pluriaggravato di Sharon Verzeni, la 33enne uccisa con quattro coltellate a Terno d'Isola la notte tra il 29 e il 30 luglio. Secondo il pm Emanuele Marchisio che ha coordinato le indagini, Sangare avrebbe agito con premeditazione, per futili motivi e sfruttando la minorata difesa della vittima per l'orario notturno, il luogo deserto e cogliendola di sorpresa alle spalle mentre ascoltava la musica con le cuffiette. L'istanza sarà inoltrata al gip che dovrà decidere se accogliere la richiesta.

L'omicidio a Terno d'Isola

Stando a quanto ricostruito dalle indagini, Verzeni era uscita di casa poco dopo la mezzanotte per fare una passeggiata. Ad un certo punto, sarebbe stata colta di sorpresa alle spalle da Sangare, arrivato in bicicletta, una mountain bike, che l'avrebbe colpita con quattro coltellate uccidendola. Il 30enne è stato arrestato un mese più tardi, tra il 29 e il 30 agosto, nella sua abitazione a Suisio.

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Gli investigatori erano arrivati a lui attraverso l'analisi di alcune telecamere di sorveglianza, che avevano inquadrato un ciclista allontanarsi ad alta velocità dal luogo dell'omicidio, e di alcune testimonianze. Una volta arrestato, Sangare aveva iniziato a rendere le prime "spontanee dichiarazioni" poi culminate con una confessione durante l'interrogatorio.

"L'ho vista e l'ho uccisa"

"L'ho vista e l'ho uccisa", aveva detto il 30enne, "non so spiegare perché sia successo". Vittima e omicida, come accertato anche dalle indagini, non si conoscevano e il loro incontro la notte del 30 luglio era stato del tutto casuale. Per gli inquirenti, infatti, Sangare avrebbe colpito Verzeni perché l'ha trovata sola, in un vicolo buio e di spalle, non per altri motivi.

L'arma del delitto era stata ritrovata sepolta vicino al fiume Adda. Si tratta di un coltello che Sangare avrebbe prelevato da casa. Nel corso d'acqua, invece, c'era un sacchetto in cui il 30enne aveva nascosto i vestiti che indossava la notte dell'omicidio.

Come scritto nel provvedimento di convalida del fermo, secondo la gip di Bergamo Raffaella Mascarino il 30enne non avrebbe alcun problema mentale. "La lucidità mostrata nell'adottare tutta una serie di accorgimenti", aveva scritto la giudice, "sia nei momenti precedenti al delitto che in quelli successivi, evidenziano uno stato mentale pienamente integro". La sera dopo il delitto, Sangare aveva partecipato a una grigliata con alcuni amici e il giorno ancora dopo si era sbarazzato del coltello.

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