Omicidio Sharon Verzeni, i due testimoni: “Nati stranieri, siamo orgogliosi di aver incastrato Moussa Sangare”
"Ci è rimasto impresso perché era un po’ strano. Aveva una bandana in testa e un cappellino, uno zaino e gli occhiali. Ci ha fissato a lungo e poi ci ha fatto una smorfia. Non lo avevamo mai visto prima". Con questo racconto due ragazzi, 23 e 25 anni, hanno incastrato dopo un mese l'assassino di Sharon Verzeni, uccisa a coltellate mentre passeggiava da sola per le strade di Terno d'Isola (Bergamo).
Saranno proprio i loro ricordi infatti a mettere sulla pista giusta gli inquirenti, che da settimane cercano di identificare l'uomo in bicicletta ripreso da una telecamera di via Castegnate. È lo stesso tipo strano che la notte del 30 luglio scorso ha attirato l'attenzione dei due amici: si chiama Moussa Sangare, 30 anni, nato in Italia da genitori del Mali e residente nella vicina Suisio, solo cinque chilometri di Terno.
I giovani, in quel momento, sono usciti per allenarsi insieme, approfittando del fresco della sera. "Era più o meno mezzanotte, eravamo a Chignolo vicino alla farmacia e davanti al cimitero dove ci siamo fermati per fare delle flessioni. A quel punto sono passati due nordafricani in bicicletta, poi un terzo", raccontano quelli che si sono rivelati essere dei testimoni chiave a La Repubblica. "Prima ci ha guardato male, poi è andato avanti".
È quest'ultimo a non passare inosservato. "Si vedeva che era uno che non stava bene". La loro descrizione, puntuale e precisa, aiuta gli inquirenti a incastrare definitivamente il 30enne, ex rapper, che in un interrogatorio notturno davanti agli inquirenti crolla e confessa l'omicidio della barista. "Ora ci sentiamo orgogliosi per essere stati utili all’identificazione dell’assassino, abbiamo fatto il nostro dovere. L'unico rimpianto è quello di non essere stati più vicini a via Castegnate. In quel caso forse avremmo potuto salvarla".
I due giovani, come Moussa Sangare, sono di origini straniere. Uno di loro gioca a calcio in prima categoria, mentre l'altro punta al titolo italiano di kickboxing. "Noi abbiamo avuto la cittadinanza da ragazzini, a quindici anni. Vogliamo far riflettere che se il killer è di origini straniere lo siamo anche noi", concludono il loro racconto, respingendo tutte le polemiche politiche nate dopo la diffusione della notizia dell'arresto di Sangare. "E forse l'assassino ora, senza la nostra testimonianza, sarebbe libero".