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Omicidio Sharon Verzeni

Omicidio Sharon Verzeni, com’è possibile che una persona senta l’impulso di uccidere qualcuno a caso

L’assassino di Sharon Verzeni potrebbe essere un soggetto psicopatico, privo cioè di coscienza e di sentimenti per gli altri. La caratteristica principale del loro funzionamento, oltre alla mancanza di empatia è l’impulsività.
A cura di Margherita Carlini
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Moussa Sangare r Sharon Verzeni
Moussa Sangare r Sharon Verzeni
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È stato individuato il responsabile dell'omicidio di Sharon Verzeni, si tratta di Moussa Sangare, un uomo di 31 anni che risiede in un paesino molto vicino a Terno D’Isola. È lui il soggetto che era stato ripreso dalle telecamere di videosorveglianza, la notte dell’omicidio, mentre fuggiva in contromano sulla sua bicicletta. Ha già confessato, sostenendo di aver ucciso in preda ad un "raptus", senza alcun motivo apparente. L’uomo ha raccontato di essere uscito di casa, quella sera, con quattro coltelli, tanto che gli viene contestata l’aggravante della premeditazione, era uscito per uccidere, secondo la Procura, ma senza un obiettivo specifico. È proprio lui a riferire di aver puntato il coltello contro due ragazzini prima di uccidere la ragazza, “non so spiegare perché sia successo, l’ho vista e l’ho uccisa”. Difficile quindi, se non impossibile al momento, individuare un movente, Sharon sarebbe stata uccisa per caso, poteva essere lei o chiunque altro a morire quella notte.

Ma come è possibile che una persona scelga di uscire di casa una sera per uccidere qualcuno a caso? Sebbene sia prematuro dirlo senza una valutazione appropriata, è possibile che alla base del comportamento di questo uomo vi sia un disturbo psichiatrico che ha orientato il suo agito. Un disturbo che, va premesso, non sembra aver condizionato la sua capacità di discernimento, ma piuttosto lo abbia portato a dare libero sfogo ai suoi impulsi, senza preoccuparsi delle conseguenze delle sue azioni. L’uomo che ha ucciso Sharon, per gli elementi che abbiamo a disposizione, potrebbe aver posto in essere condotte di tipo antisociale nel passato, non solo in termini di agiti aggressivi. Trapela al momento che a suo carico vi sia una denuncia per maltrattamenti presentata dalla madre e dalla sorella. Non si arriva ad uccidere una persona a sangue freddo dal nulla, è molto probabile che nel passato abbia posto in essere agiti aggressivi o devianti anche in altri contesti, in un’escalation di devianza e violenza.

Campanelli di allarme che sono rimasti inascoltati. Non sembra aver scelto la sua vittima per un motivo specifico, questo significa che per lui l’identità o le caratteristiche della persona (o delle persone) che avrebbe ucciso non avevano nessun significato, nessuna valenza. L'importante era dare libero sfogo a un impulso. Potremmo avere a che fare con un soggetto psicopatico, un soggetto privo cioè di coscienza e di sentimenti per gli altri. Non perché non sia in grado di riconoscere il disvalore delle sue condotte, non abbiamo a che fare con un soggetto privo di senso di realtà, ma perché non prova rimorso e non gli interessa contenere i suoi impulsi.

Sono soggetti questi che potremmo definire amorali, perché il loro comportamento è volto alla violazione delle norme sociali, per il mero ottenimento di un piacere personale. L’inosservanza delle regole è un elemento che li caratterizza. Solitamente sono soggetti solitari, che non hanno un buon funzionamento sociale e relazionale e che quindi possono vivere in maniera piuttosto isolata (nel caso in questione sembra che l’uomo fosse andato a vivere da solo dopo la denuncia e non aveva un lavoro). La caratteristica principale del loro funzionamento, oltre alla mancanza di empatia è l’impulsività, è la tendenza ad avere uno scarso controllo comportamentale il che li porta a reagire in modo impulsivo anche a quelli che per altri potrebbero essere stimoli neutri e non attivanti. Mossi da un costante bisogno di stimoli ed eccitazione, trovano appagamento nella violazione delle norme sociali.

Se l’epilogo del giallo sulla morte di Sharon Verzeni dovesse essere confermato ci troveremmo nuovamente di fronte ad un caso che rimarca la totale incapacità del nostro sistema a far fronte, in termini di cure e tutela, a casi come questo nei quali la devianza e l’agito criminale sono il risultato di un problema psichiatrico alla base. Casi nei quali molto spesso i fattori di rischio erano evidenti e vi erano state pregresse richieste di aiuto anche da parte dei familiari. Impossibile non far riferimento all’omicidio di Alice Scagni per mano di suo fratello Alberto, omicidio che i genitori avevano cercato di evitare, seppur non con una denuncia, attraverso numerosissime segnalazioni alle forze dell’ordine e al servizio sanitario. Quella notte Moussa Sangare avrebbe potuto uccidere ancora e avrebbe potuto farlo i giorni successivi, perché nessuno lo aveva fermato, nonostante avesse chiaramente manifestato la sua pericolosità.

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Sono Psicologa Clinica, Psicoterapeuta e Criminologa Forense. Esperta di Psicologia Giuridica, Investigativa e Criminale. Esperta in violenza di genere, valutazione del rischio di recidiva e di escalation dei comportamenti maltrattanti e persecutori e di strutturazione di piani di protezione. Formatrice a livello nazionale.
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