Omicidio Laura Ziliani: le figlie e il fidanzato indagati in silenzio al momento dell’arresto
Al momento della notifica del provvedimento di arresti domiciliari con l'accusa di essere i responsabili della morte della vigilessa di Brescia, le sorelle Zani e Mirto Milani non hanno proferito parola. A riferirlo sono fonti investigative riportate dall'Agi. La svolta nelle indagini sul giallo della vigilessa di 55 anni Laura Ziliani scomparsa l'8 maggio scorso a Temù è avvenuta questa mattina quando i carabinieri della compagnia di Breno hanno eseguito l'ordinanza di custodia cautelare in carcere emessa dal giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Brescia nei confronti delle due giovani figlie della vigilessa, di 26 e 19 anni, e del fidanzato della 26enne, uno studente universitario di 27 anni residente in provincia di Bergamo. Le accuse a loro carico sono di omicidio volontario e occultamento di cadavere.
Erano state proprio le figlie a dare l'allarme
A mezzogiorno dell'8 maggio scorso le due figlie avevano dato l'allarme ai carabinieri. Si dicevano preoccupate perché la madre, uscita alle 7 per una passeggiata, non era più rientrata. Subito si era attivata la macchina delle ricerche con carabinieri, soccorso alpino, vigili del fuoco e diversi volontari inviati sul posto. Il racconto e la ricostruzione dei fatti delle figlie aveva fin da subito destato perplessità negli investigatori. Gli inquirenti si sono insospettiti per l'allarme, dato troppo in fretta, e il ritrovamento del telefono trovato sotto una panca. Altro elemento sospetto poi è stato il ritrovamento della scarpa, avvenuto il 23 maggio, rinvenuta nel torrente Fumeclo, in un punto che non sarebbe coincisa con la direzione che aveva intrapreso la 55enne.
L'omicidio per motivi economici
Dalle indagini è emerso che le due giovani avrebbero programmato di uccidere la madre per motivi economici: "La donna aveva alcuni immobili nel Bresciano. Una delle ipotesi è che sia stata uccisa per la gestione di questi", ha spiegato a Fanpage.it il capitano dei carabinieri di Breno, Filiberto Rosano, che ha condotto le indagini. A insospettire i militari è stato poi l'esito dell'esame tossicologico: probabilmente la donna prima di essere stata uccisa è stata narcotizzata, nel suo corpo sono state infatti trovate tracce di benzodiazepine. Alcuni mesi fa era stata avanzata l'ipotesi che una delle figlie potesse aver preso il farmaco nella Rsa in cui lavorava: "La ragazza ha lavorato in una Rsa, tempo prima dell'omicidio – ha spiegato il capitano – Poi si è licenziata, prima ancora della scomparsa. Non escludiamo però che possa avere preso il farmaco lì. Per ora però la considererei solo un'ipotesi investigativa".