Omicidio Laura Ziliani: il triangolo sanguinario e amoroso tra Silvia, Paola e Mirto
Silvia Paola e Mirto. Tre nomi che nelle ultime settimane, per non dire mesi, campeggiano sulle prime pagine dei giornali e portano la cronaca ad affrontare il più terribile dei crimini: il matricidio. Alla luce degli elementi fino ad oggi raccolti dagli inquirenti, proviamo ad indagare sulle loro identità criminali.
La personalità di Silvia e Paola Zani
Per gli inquirenti, un matricidio ancora tutto da scrivere. In mano, però, già le prime certezze. E non solo dal punto di vista investigativo ma anche da quello criminologico-clinico. La prima, l’omicidio è verosimilmente scaturito da un triangolo amoroso il cui regista è probabilmente lui, Mirto Milani, che ha diviso la scena con due delle figlie di Laura Ziliani, Silvia e Paola. Un musicista, il primo, fidanzato con la maggiore della Ziliani, Silvia, e amante dell’altra, Paola. La prima fisioterapista di ventisei anni, la seconda studentessa di diciannove anni iscritta alla facoltà di economia. Due donne apparentemente come tante ma che, per odio e riverenza nei confronti di un maschio alfa, ne hanno ucciso un’altra: la loro madre.
Madre nei confronti della quale nutrivano una profonda invidia. Invidia capace di creare un divario emotivo incolmabile e facilmente desumibile dal pianto senza lacrime cristallizzato nelle interviste tv e dall’imperturbabilità mostrata al momento dell’arresto. Laura era ormai diventata fonte di notevole quota di rabbia e aggressività per la difficoltà che le stesse riscontravano nel negoziare i propri spazi di vita e le proprie necessità personali. Ed è proprio all’interno di questa cornice di significati personali che l’azione omicidiaria ha trovato il suo compimento più viscerale.
Chi è Mirto Milani?
Fidanzato della più grande delle figlie di Laura e amante della cognata, aveva conosciuto la prima durante una vacanza studio nel Regno Unito. Il quadro personologico che emerge dall’indagine delinea un soggetto diabolico, perverso e dalla doppia personalità. Da un lato un ragazzo integerrimo, laureato in psicologia, diplomato al conservatorio e conosciuto per le sue esibizioni come soprano nelle chiese delle valli lombarde. Dall’altro, burattinaio in un triangolo sanguinario e uomo in grado di macchiarsi del peggiore dei crimini.
Una personalità altamente manipolatoria, animata da un incontrollabile attaccamento al denaro e capace di irretire Silvia e Paola, con le quali aveva instaurato anche un legame sessuale perverso ed ambiguo. Rapporto indissolubile che gli ha consentito di orientare, seppur maledestramente, le condotte delle due donne anche dopo l’omicidio, per evitare che potessero commettere passi falsi e quindi destare sospetti. Agli occhi di Mirto Laura era diventata troppo scomoda, una minaccia per il soddisfacimento dei bisogni materiali. Si è dunque consumato, dietro le sue fila, un delitto sicuramente frutto di una scelta ponderata, in cui i futili motivi si sono trasformati in un intreccio di fattori economici, familiari, ludici e sessuali. Mentre tutti cercano Laura, Mirto progetta con Silvia e Paola l’acquisto di una nuova macchina e le vacanze estive. Tutto calcolato: modalità, tempistica e luoghi. Scrupolosità smodata rintracciabile anche nell’attenzione prestata sul web nelle ricerche relativa alla commissione del delitto perfetto. Che poi perfetto, come confermato, non lo è mai.
I telefonini degli indagati
Anche la condotta assunta nel gestire i telefonini racconta molto sulla personalità degli indagati. Silvia Paola e Mirto, nei momenti immediatamente successivi alla scomparsa di Laura, hanno infatti smesso di utilizzare i loro smartphone in favore di nuove utenze, poi sequestrate il 26 giugno. Per motivare un simile gesto, i tre si sono giustificati dichiarandone la vendita ad un ragazzo marocchino per ragioni di liquidità. Difatti, soltanto il 22 luglio hanno spontaneamente consegnato i vecchi telefoni. Riapparsi misteriosamente e completamente resettati. Che cosa nascondevano? In proposito, Silvia ha fatto mettere a verbale: “Provavo vergogna all’idea che altre persone potessero vedere foto attinenti alle pratiche sessuali con il mio fidanzato Mirto e che si venisse a scoprire che mi ero iscritta ad un sito di scambisti”; Paola: “Mi vergognavo che altre persone potessero venire a sapere che ho una relazione con il fidanzato di mia sorella”; ed infine Mirto: “Ammetto di avere una relazione parallela. Ho sempre pensato fosse una cosa illecita”.
Il contenuto a dir poco agghiacciante di questi messaggi conferma la portata patologica e ambigua del rapporto a tre. Un rapporto nel quale le tre figure risultano infidamente interscambiabili sotto ogni profilo: erotico e relazionale. Resta comunque un punto fermo granitico. La scelta di resettare i telefoni è stata dettata dalla volontà di eliminare qualsiasi traccia di quel minuzioso piano diabolico. Non certo figlio di un raptus. Quanto ai numerosi errori commessi dopo il delitto, si giustificano facendo riferimento al completo smarrimento del senso di realtà: i tre hanno commesso un crimine ponendosi al di sopra, completamente incapaci di provare dolore e sperimentare empatia. Necessaria, quest’ultima, per spuntarla nella fase successiva all’omicidio, cioè quella auto-conservativa.
Com’è stata uccisa Laura Ziliani?
Il 18 aprile, tre settimane prima della scomparsa, sappiamo che Laura ha bevuto una tisana che l’ha fatta dormire per 36 ore. Che cosa c’era al suo interno? Forse la stessa sostanza utilizzata nella fase immediatamente antecedente l’omicidio? Nel corpo dell’ex vigilessa, stando ai riscontri medico legali, è stato rinvenuto del bromazepam, appartenente alla famiglia dei barbiturici. Un forte ansiolitico che però, di per sé, non è letale (lo diventa solo se mischiato ad alcol). Certamente è in grado di abbassare le difese della persona e di renderla inerme. Ancora. Non tutti sanno che il bromazepam ha una caratteristica peculiare: è in gocce ed ha un sapore dolce. Questo significa che può essere percepito come un sostituto dello zucchero. È verosimile quindi che, dopo averla stordita con una tisana, Laura sia stata – come ipotizzano gli inquirenti – soffocata con un cuscino. Il suo corpo, infatti, non mostra il segni di violenza.
Che cosa ci racconta la scena del crimine?
Anche la scena del crimine mostra come la strategia sanguinaria dei tre si sia rivelata fallimentare nella gestione successiva al delitto. Il corpo di Laura Ziliani è stato trovato a Temù a tre mesi dalla scomparsa. Il buon stato di conservazione del cadavere è risultato fin da subito sospetto per gli inquirenti. Difatti, non potendosi sovvertire le leggi della biologia, è verosimile ritenere che sia stato originariamente occultato in un luogo diverso rispetto a quello del ritrovamento.
Di fronte ad un delitto, chi fa profiling lo sa bene, possono prospettarsi più scene del crimine: quella primaria, nella quale si è consumato il delitto, ed altre tipo secondario, ove eventualmente un corpo viene abbandonato o ove è possibile riscontrarne elementi riconducibili all’azione di uno o più offender. Gli elementi che, nel caso di specie, inducono a pensare che il cadavere della Ziliani sia stato trasportato successivamente nel luogo in cui è stato rinvenuto, sono molteplici: mancata saponificazione dei tessuti, incompatibile con l’esposizione trimestrale ad un luogo umido; totale assenza dell’azione di animali selvatici; ed infine la copertura dei resti con terriccio e sabbia, quasi come se si trattasse di un tumulo grossolano e di fortuna.