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Omicidio di Giulia Tramontano

Omicidio Giulia Tramontano, Impagnatiello la avvelenava da mesi: “Mi sento drogata”

Giulia Tramontano, uccisa al settimo mese di gravidanza dal compagno Alessandro Impagnatiello, sarebbe stata avvelenata per mesi con un topicida: a rivelarlo è stata l’autopsia. Alcuni mesi prima l’omicidio, aveva scritto a un’amica dopo aver bevuto qualcosa di caldo: “Mi sento drogata”.
A cura di Ilaria Quattrone
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"Mi sento drogata": sono queste le parole che Giulia Tramontano, la ragazza di 29 anni uccisa al settimo mese di gravidanza dal compagno, quest'inverno ha scritto a un'amica dopo aver sorseggiato una bevanda calda, nella quale probabilmente il fidanzato aveva sciolto veleno per topi.

Un messaggio che potrebbe confermare quanto dimostrato dall'autopsia: Alessandro Impagnatiello, reo confesso, l'avrebbe avvelenata per mesi. Gli esami tossicologici hanno infatti trovato, nel sangue della donna e nei capelli del feto, tracce di topicida.

Il veleno utilizzato dal barman trentenne sarebbe il bromadiolone, un anticoagulante che è considerato tra i più tossici. Potrebbe averglielo già somministrato a dicembre, ma è difficile dimostrarlo. I test infatti non possono determinare quando e quante volte il killer abbia provato a farglielo assumere.

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È certo però che proprio a dicembre avesse iniziato a cercare su Internet: "Quanto veleno è necessario per uccidere una persona". Poco più tardi, la giovane avrebbe scritto a un'amica di aver bevuto qualcosa di caldo e di stare poco bene: "Mi sento una pezza, ho troppo bruciore di stomaco. Lo stomaco mi uccide".

In quel momento, il trentenne avrebbe scoperto online che l'effetto del veleno è più lieve se sciolto in bevande calde. Sembrerebbe inoltre che nell'ultimo mese e mezzo abbia aumentato la dose.

Giulia Tramontano è stata uccisa lo scorso 27 maggio nella sua casa di Senago (Milano). L'ex agente immobiliare è stata colpita alle spalle e ammazzata con 37 coltellate. Ed è rimasta viva dopo ogni fendente. Non ha però avuto né tempo né modo di reagire: sulle braccia e sulle mani non ci sarebbero segni che dimostrerebbero un tentativo di difesa.

Questi elementi potrebbero consentire alla Procura di Milano di far riconoscere le aggravanti della premeditazione e della crudeltà, che erano state escluse dalla giudice per le indagini preliminari Angela Minerva nell'ordinanza di custodia cautelare in carcere.

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