Omicidio Garzeno, perché il 17enne ha ucciso Candido Montini: la lite per 300 euro falsi e la reputazione in paese
Ha provato a negare ogni coinvolgimento nell'omicidio di Candido Montini, l'ex vicesindaco di Garzeno (Como) ucciso lo scorso 24 settembre nel suo appartamento. Ma dopo pochissimi giorni è arrivata la confessione del 17enne, unico sospettato inchiodato dalla prova regina del Dna ritrovato sulla scena del crimine. "L'ho accoltellato dopo una lite", le sue parole.
Al centro 300 euro falsi che il ragazzino, che aveva appena lasciato la scuola e tentava di tirare avanti con lavoretti provvisori e i video di musica trap, avrebbe cercato di far cambiare al 76enne qualche ora prima del delitto: quest'ultimo, però, secondo quanto ricostruito finora si sarebbe presto accorto e, dopo aver rifiutato il denaro, avrebbe raccontato il fatto a qualche abitante del paese. Un'onta evidentemente intollerabile per il giovane, che in preda alla rabbia si sarebbe recato a casa dell'ex vicesindaco per "punirlo", straziandolo con decine di coltellate tra collo e addome.
Venerdì mattina 25 ottobre, nel carcere minorile Beccaria, dove è rinchiuso dalla notte di lunedì con l’accusa di omicidio volontario aggravato e rapina, si è svolta l’udienza di convalida. Il giudice per le indagini preliminari del Tribunale per i minorenni di Milano Irina Alice Grossi ha convalidato intanto il fermo del 17enne, e ha disposto la custodia cautelare in carcere.
"Anche questa tragica vicenda che segue a breve distanza di tempo altri eventi parimenti drammatici che hanno come protagonisti giovani appartenenti a famiglie inserite nel contesto sociale, evidenzia un gravissimo e allarmante disagio che non viene tempestivamente intercettato né dalla famiglia né dalla scuola né dalle diverse agenzie del territorio”, il commento della presidente del Tribunale per i minorenni di Milano Maria Carla Gatto.