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Omicidio Fabio Ravasio, un vigile avrebbe avvisato la mantide di Parabiago delle telecamere fuori uso

Al momento sono otto i membri del gruppo criminale che faceva capo a Adilma Pereira Carneiro: ha fatto uccidere il compagno simulando un finto incidente. Il sospetto sulle conoscenze all’interno della polizia: “Sapeva delle telecamere spente”
A cura di Francesca Del Boca
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Si allarga sempre più il gruppo di complici che faceva capo a Adilma Pereira Carneiro, la 49enne di Parabiago che, secondo la Procura, sarebbe la mente dietro all'incidente in cui lo scorso 9 agosto ha perso la vita il compagno e padre dei suoi figli Fabio Ravasio.

Amanti, figli, amici, tutti assoldati nel piano omicida con la promessa di ottenere parte dell'eredità in cambio. Otto soggetti, tutti arrestati, a cui sembra aggiungersi ora una vasta rete di appoggi collaterali. Tra cui, forse, un vigile urbano della zona: un agente di polizia locale di Parabiago che conosceva molto bene la donna e che, secondo quanto sospetta chi indaga, l'avrebbe (consapevolmente o meno) informata del malfunzionamento di alcune telecamere. 

“Ci aveva detto che le telecamere del ponticello dove avrebbe dovuto mettersi Blanco (il complice 45enne che aveva finto un malore per distrarre gli automobilisti di passaggio) non funzionavano. Non so chi glielo avesse detto”. Come faceva la mantide a essere a conoscenza con tanta precisione degli occhi elettronici fuori uso? È stato l'agente di polizia locale amico, a cui "Adi" aveva addirittura prestato la casa di Mentone in Costa Azzurra, ereditata da un marito morto in circostanze sospette?

Gli accertamenti sono ancora in corso. Ma i puntini da unire sono tanti. Il 10 agosto, il giorno dopo l’incidente, ad esempio, lo stesso vigile si era presentato a casa di Adilma. A raccontarlo è Massimo Ferretti, 47 anni, titolare di un bar e amante della donna, durante l'interrogatorio. "Lei gli aveva chiesto se le telecamere funzionassero, e lui le aveva risposto che l’80 per cento di quelle di Parabiago non andavano".

La dinamica dell'incidente, del resto, non aveva mai convinto gli investigatori, coordinati dal pm di Busto Arsizio Ciro Caramore. Ravasio era stato travolto alle 19:50 in un tratto di via Vela che gode di buona visibilità, e dove non ci sono curve insidiose. L'auto responsabile dell'investimento si era rivelata una Opel Corsa nera che, inquadrata da una telecamera di sorveglianza, montava una targa contraffatta. I carabinieri, però, hanno scoperto poco dopo che Carneiro, compagna 49enne della vittima, aveva un'auto identica a quella. Così sono iniziate le intercettazioni, che nel giro di pochi giorni sono riuscite a mettere insieme i pezzi dell'intera banda criminale.

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