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Omicidio ex segretario provinciale della Lega, il figlio ammette: “L’ho ucciso io, non ricordo come”

Il figlio dell’ex segretario provinciale della Lega di Bergamo, ucciso a Dalmine (Bg), avrebbe ammesso l’omicidio del genitore. Secondo quanto riportato, l’ammissione di colpa sarebbe arrivata durante l’interrogatorio dei carabinieri che l’hanno arrestato. L’uomo, un 34enne, non ricorderebbe però come sarebbe arrivato ad uccidere il padre.
A cura di Filippo M. Capra
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Francesco Colleoni, l'uomo di 34 anni arrestato per la morte di Franco, ex segretario provinciale della Lega di Bergamo, avrebbe confessato l'omicidio del padre. L'ammissione di colpevolezza sarebbe arrivata nella notte tra sabato 2 e domenica 3 gennaio, durante l'interrogatorio dei carabinieri.

Il figlio: L'ho ucciso io, non ricordo come

Secondo quanto ricostruito, il 34enne sarebbe riuscito a ricostruire gli ultimi istanti di luce prima del blackout. Dal litigio, l'ennesimo, con il padre, al tentativo di mascherare l'accaduto mischiando le carte in tavola per far risultare una rapina andata male. Però, è sul modus operandi dell'omicidio stesso che non ricorda esattamente come sia andata. Secondo la ricostruzione dei militari, ancora da accertare, Franco Colleoni sarebbe stato ucciso dopo essere stato colpito ripetutamente con un oggetto contundente. Solo successivamente gli avrebbe preso la testa per sbatterla contro una pietra. Il movente è legato alla riapertura, imminente, della trattoria di cui erano gestori, "Il Carroccio". L'ex segretario provinciale aveva rimproverato il figlio per non aver sistemato tre lampioncini in tempo per riaccogliere i clienti. Ne è nata una discussione che molto presto si è trasformata nella tragedia della morte del 68enne. Nonostante l'assassinio, è stato proprio il presunto omicida ad avvertire i carabinieri della morte del padre. I militari al loro arrivo sulla scena del crimine, hanno trovato l'appartamento di Colleoni messo sottosopra, come dopo un furto. Sono stati però diversi gli elementi che hanno indotto i militari a credere al depistaggio: su tutti, la violenza con cui l'uomo è stato ucciso.

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