Omicidio di Giulia Tramontano, qual è la strategia difensiva di Impagnatiello per evitare l’ergastolo
Alessandro Impagnatiello, il 30enne in carcere con l'accusa di aver ucciso a coltellate lo scorso 27 maggio la compagna incinta di sette mesi Giulia Tramontano, il 18 gennaio si presenterà davanti ai giudici delle Corte d'Assise. Il barman, reo confesso, andrà a processo con rito immediato dopo che il giudice per le indagini preliminari ha riconosciuto tutte le quattro aggravanti, ovvero dalla premeditazione, crudeltà, vincolo della convivenza e futili motivi, già contestate dalla pm Alessia Mengazzo e dalla procuratrice aggiunta Letizia Mannella. Impagnatiello in aula rischia una condanna all'ergastolo. Le accuse sono omicidio volontario aggravato, occultamento di cadavere e interruzione di gravidanza non consensuale. La famiglia di Giulia, rappresentata dall'avvocato Giovanni Cacciapuoti, si costituirà parte civile nel processo, così come il Comune di Senago, con l'appoggio dell'avvocato Antonio Ingroia.
Su cosa può puntare la difesa durante il processo
Il 30enne ha affidato la sua difesa ai legali Giulia Geradini e Samanta Barbaglia che avrebbero già annunciato di poter chiedere una perizia psichiatrica su Impagniatello. Se venisse accertato infatti un vizio di mente parziale o totale l'imputato potrebbe evitarsi l'ergastolo. Ma non è l'unica strategia che la difesa potrà utilizzare: l'imputato potrà chiedere attraverso i suoi avvocati, di poter accedere ai programmi di giustizia riparativa che non gli dovrebbero evitare nel caso una condanna all'ergastolo. Bisognerà attendere il 18 gennaio per capire definitivamente quale sarà la linea difensiva adottata. Certo è che l'accusa punterà a far in modo che la Corte riconosco tutte le aggravanti.
Cosa sostiene l'accusa: l'aggravante della premeditazione
Intanto negli ultimi accertamenti è emerso che Giulia Tramontano è morta per le 37 coltellate inferte dal compagno: di cui sono stati almeno 9 i colpi assestati quando la vittima era ancora viva, mentre le altre 28 coltellate sono state inferte quando Giulia era già morta. Secondo la Procura, l'omicidio sarebbe il culmine di una premeditazione, in un primo momento escluso nell'ordinanza di custodia cautelare in carcere ma che ora il gip ha riconosciuto.
Come scritto dalla giudice Minerva, però, Impagnatiello avrebbe "svolto già a partire dal dicembre 2022 ricerche via internet circa gli effetti del veleno per topi sull'uomo". Sostanza che "faceva ingerire per alcuni mesi all'inconsapevole vittima intensificandone la somministrazione a partire dal marzo 2023, in un quantitativo tale da raggiungere anche il feto oltrepassando la placenta". Gli esami tossicologici hanno infatti trovato, nel sangue della donna e nei capelli del feto, tracce di topicida. Quando gli investigatori avevano trovato nel suo zaino il veleno per topi, Impagnatiello si era difeso dicendo che gli serviva perché c'erano i tipi – poi non confermato dai suoi colleghi – nel suo posto di lavoro. Ma le aggravanti su cui il barman dovrà difendersi sono quattro: premeditazione, crudeltà, vincolo della convivenza e futili motivi. Bisognerà capire se Impagnatiello il 18 gennaio si presenterà in aula.