Omicidio di Gianna Del Gaudio, per il pm il marito ha mentito: chiesto ancora l’ergastolo
L'accusa ha chiesto nuovamente l'ergastolo per Antonio Tizzani, accusato di aver ucciso la moglie, Gianna Del Gaudio, la professoressa in pensione assassinata con una coltellata alla gola nel 2016. Tizzani è tornato sul banco degli imputati dopo che nel 2020 era stato assolto in primo grado.
Il marito ancora a processo dopo l'assoluzione in primo grado
Nel maggio scorso, a due anni di distanza dalla prima sentenza, il secondo grado di giudizio si è aperto al Tribunale di Brescia. Nella lunga requisitoria durata oltre due ore che ha concluso il processo d'appello, il pubblico ministero, Francesco Rombaldoni, ha ripercorso tutta la vicenda che ha portato alla morte della donna.
Era da poco passata la mezzanotte tra il 26 e il 27 agosto del 2016 quando Gianna Del Gaudio è stata assassinata nella sua abitazione di Seriate, in provincia di Bergamo. La donna era in cucina intenta a lavare i piatti quando qualcuno l'ha aggredita alle spalle colpendola alla gola.
Il marito si è dichiarato innocente e, durante l'interrogatorio nel processo d'appello ha dichiarato di aver visto con i suoi occhi il presunto assassino: "Era incappucciato e aveva gli occhiali. Le mani erano sporche di sangue".
Il pm: "Tizzani ha mentito"
Ma secondo il pm Rombaldoni: "Tizzani ha mentito e l'unica ipotesi possibile è che sia stato lui a uccidere la moglie". Nella requisitoria il magistrato ha spiegato come sia "impossibile che nei pochi istanti che hanno preceduto l'ultimo colpo, pur paralizzata dal terrore, la vittima non abbia urlato per attirare l’attenzione del marito che ha sempre detto di essere stato in giardino in quegli istanti. Ma Tizzani ha mentito su questo come su molti altri punti e l'ha fatto perché è stato lui a uccidere la moglie".
Durante l'ultima udienza del processo, Antonio Tizzani non era presente in aula e non ha potuto ascoltare le motivazioni con cui l'accusa ha richiesto per la seconda volta la condanna all'ergastolo. "L'assassino ha agito con dolo d'impeto, senza nemmeno riflettere su cosa stava facendo – ha proseguito il pubblico ministero –. Noi tutti sappiamo che la ferita mortale è una sola, però non va trascurato il fatto che sulla donna sono stati refertati altri piccoli tagli superficiali".
Al termine della requisitoria, l'accusa ha chiesto alla Corte presieduta dal giudice Giulio Deantoni la pena massima per "omicidio aggravato dal vincolo di parentela".