Omicidio del capo ultrà dell’Inter Vittorio Boiocchi, i cinque arrestati non rispondono al gip

Si sono tutti avvalsi della facoltà di non rispondere i soggetti arrestati a seguito delle dichiarazioni del collaboratore di giustizia ed ex leader della curva Nord interista Andrea Beretta sull'omicidio dello storico capo ultrà Vittorio Boiocchi, ucciso a colpi di pistola il 29 ottobre 2022 sotto casa a Milano in circostanze finora mai chiarite.
Hanno deciso di non parlare lo storico portavoce della Nord Marco Ferdico, il padre Gianfranco, il suocero Pietro Andrea Simoncini, legato alla ‘ndrangheta e presunto esecutore materiale con l'amico Daniel "Bellebuono" D'Alessandro (fermato in Bulgaria e in fase ancora di estradizione) e Cristian Ferrario, che si intestò lo scooter utilizzato dagli esecutori.
Secondo quanto confessato da Beretta, e confermato dal lavoro d'indagine della Squadra mobile e dei pm Paolo Storari e Sara Ombra, l'omicidio di Boiocchi è maturato nel contesto di una guerra sulla gestione degli affari illeciti all'interno dello stadio: proprio Beretta, il cui rapporto con Boiocchi era ormai segnato dalle tensioni e dalle accuse reciproche riguardo alla gestione dei proventi, fu il mandante del delitto per non spartire con il vecchio leader il giro di denaro derivato dal merchandising.
Così è nato il piano per eliminare dai giochi lo "Zio", figura ormai autoritaria e ingombrante all'interno della Curva Nord, attraverso la fondamentale collaborazione del numero due Marco Ferdico e del padre. Lui fornisce la "manodopera" (gli esecutori materiali Daniel D'Alessandro e il padre della moglie Aurora Pietro Andrea Simoncini, legato alle cosche calabresi), organizza la logistica e procura l'arma del delitto, maneggia i 50mila euro che Beretta offre in compenso per il "favore".