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L'omicidio di Antonio Bellocco

Omicidio Bellocco, Beretta alla moglie: “Hanno detto che fanno una strage, non posso restare dentro. Devo collaborare”

“Hanno detto che fanno una strage”: è quanto avrebbe detto Andrea Beretta, ex capo ultrà dell’Inter, alla moglie durante un colloquio in carcere avvenuto nel 2024 quando le ha comunicato la sua decisione di collaborare con la giustizia.
A cura di Ilaria Quattrone
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"Hanno detto che fanno una strage", "Una strage… Non posso restare dentro", "Non c'è nessuno che vi protegge, capito?": sono queste alcune frasi che Andrea Beretta, l'ex capo ultrà dell'Inter ha pronunciato durante un colloquio in carcere, avvenuto a ottobre 2024, con la moglie. In quell'occasione, le ha comunicato la sua decisione di collaborare con i pubblici ministeri di Milano impegnati nelle indagini sui traffici illeciti delle curve dello stadio San Siro e gli affari della ‘ndrangheta.

Beretta si trovava in carcere a San Vittore perché accusato dell'omicidio di Antonio Bellocco, rampollo dell'omonima famiglia di ‘ndrangheta. Dalla conversazione sembrerebbe che l'uomo fosse intenzionato a collaborare non tanto "per avere uno sconto di pena" ma per paura di una vendetta ai danni dei suoi familiari. "È successo che questi qui hanno fatto un'intercettazione telefonica e hanno
detto che fanno una strage", ha ribadito Berretta riferendosi presumibilmente alle parole intercettate della famiglia di Bellocco.

Le intercettazioni arrivano dopo la notizia degli arresti per l'omicidio di Vittorio Boiocchi, altro storico capo ultras dell'Inter avvenuto nel 2022. Berretta è accusato di essere il mandante del delitto avvenuto per un presunto movente economico e, in particolare, per un ammanco nelle casse della curva: Boiocchi avrebbe accusato Beretta di rubare il denaro. Stando a quanto ricostruito dagli inquirenti, Beretta avrebbe commissionato l'assassino a Mauro Nepi per 50mila euro.

I soldi sarebbero stati consegnati a Marco Ferdico che, con il padre, avrebbe organizzato l'agguato. Avrebbe infatti procurato un furgone, cellulari criptati e l'arma del delitto. Un altro degli arrestati si sarebbe poi intestato lo scooter usato per recarsi sul luogo del delitto per poi denunciarne il furto dopo l'omicidio. Altri due sarebbero poi stati gli esecutori materiali.

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