Omicidio Angelo Bonomelli, condannati i quattro che hanno narcotizzato e ucciso l’imprenditore bergamasco
Una pena di 26 anni a Matteo Gherardi e Omar Poretti, 15 anni a Luigi Rodolfo Gherardi e a Jasmine Gervasoni. La Corte d’Assise del tribunale di Bergamo ha condannato quattro persone per la morte di Angelo Bonomelli, noto imprenditore di Trescore narcotizzato in un bar e abbandonato nella sua auto in un parcheggio di Entratico il 7 novembre 2022.
I responsabili sono accusati a vario titolo di omicidio volontario con dolo eventuale pluriaggravato, rapina e detenzione ai fini di spaccio di sostanze stupefacenti. Il pm Chiara Monzio Compagnoni aveva chiesto condanne per 105 anni: 29 anni per Matteo, 28 per Omar, 24 per la compagna e il padre di Gherardi.
Il tribunale ha inoltre disposto una provvisionale che i quattro dovranno pagare in solido ai familiari della vittima: 50mila euro per la moglie Marilena Gardoni, e 25mila euro a testa per i figli Michela, Emanuele e Cristina.
Angelo Bonomelli, 80 anni, morì in un parcheggio di Entratico, nella notte tra l’8 e il 9 novembre 2022. Secondo quanto ricostruito dall'attività investigativa l'imprenditore, prima di essere ritrovato senza vita all'interno della sua auto, aveva incontrato in un bar della zona il 34enne Matteo Gherardi (conosciuto perché si era offerto di rilanciare via social la villa Ortensie di Sant’Omobono Imagna che l’80enne aveva appena acquistato), il padre Rodolfo Gherardi, 59 anni, la fidanzata del giovane Jasmine Gervasoni, 25 anni, e l'amico Omar Poretti, 26.
Con loro aveva quindi bevuto un caffè, per poi rialzarsi barcollante e non riprendere più conoscenza. Nella bevanda, come emerso in seguito, era stata riversata un'intera boccetta di Rivotril: una dose letale per un uomo di 80 anni, anziano dalle precarie condizioni di salute. Angelo Bonomelli, abbandonato sul sedile della sua auto, è morto così nel giro di pochissime ore. Dal suo polso mancava l’orologio d’oro Longines, dal quale non si separava mai, così come portafogli e cellulare.
"Avevo detto di mettere pochissime gocce giusto per stordirlo, le avevo usate già prima con altre due persone e non era successo niente", erano state le parole in aula di Matteo Gherardi, ritenuto con Omar Poretti la mente del gruppo criminale. "Avevo un debito da saldare con gli strozzini, sono ludopatico", la sua giustificazione. "Volevo solo derubarlo, non ucciderlo".