Omicidio Andrea Bossi, gli investigatori: “È stato stordito con un pentolino e poi accoltellato al collo”

Uno lo avrebbe colpito più volte in faccia con un pentolino per stordirlo, l'altro lo avrebbe accoltellato alla gola uccidendolo. Secondo gli investigatori del reparto Operativo del Comando provinciale di Varese dei carabinieri sarebbe stato assassinato in questo modo Andrea Bossi, il 26enne trovato senza vita nel suo appartamento di via Mascheroni a Cairate la mattina del 27 gennaio 2024. A scoprire il cadavere era stato il padre del ragazzo: "Non rispondeva alle mie telefonate, sono andato a casa sua per assicurarmi che stesse bene", ha dichiarato in aula. A processo, davanti alla Corte d'Assise del Tribunale di Busto Arsizio presieduta da Rossella Ferrazzi, ci sono il 21enne Douglas Carolo e il 22enne Michele Caglioni, accusati di omicidio volontario pluriaggravato.
Le impronte delle scarpe trovate sulla scena del crimine
Carolo e Caglioni durante gli interrogatori nel corso delle indagini si sono accusati a vicenda. Il secondo, in particolare, ha sostenuto di essere entrato nell'appartamento di Bossi quando era già morto e di aver visto l'altro giovane estrarre il coltello dal collo del 26enne. Una ricostruzione che, però, sembra incompatibile con gli accertamenti eseguiti dagli investigatori sulla scena del crimine.
Come spiegato in Tribunale dal maresciallo Michela Ruggieri, durante i rilievi i carabinieri hanno isolato due diversi tipi di impronte che sarebbero state lasciate negli istanti successivi all'accoltellamento. Le suole hanno lasciato impronte complete, cosa che indicherebbe che hanno camminato sul sangue ancora fresco, e queste sarebbero state rinvenute vicine tra loro e intorno al cadavere del 26enne. Per l'accusa, avrebbero anche indossato dei guanti.
Secondo il medico legale, Bossi è morto per dissanguamento a causa di un fendente al collo, ma prima sarebbe stato colpito più volte al volto con un oggetto contundente con superficie piatta e larga che sarebbe compatibile con un pentolino. L'ipotesi, dunque, è che uno dei due imputati abbia colpito il 26enne per stordirlo e l'altro per ucciderlo.
La testimonianza del padre
Durante l'udienza dell'8 aprile è stato ascoltato come testimone il padre della vittima. Rispondendo alle domande della pm Francesca Parola, ha ricordato che suo figlio "è sempre stato riservato", ma nonostante questo era a conoscenza del fatto che "fosse omosessuale" e che "aveva avuto storie".
In aula ha, poi, riferito di un episodio che sarebbe avvenuto qualche mese prima dell'omicidio. Il 26enne sarebbe tornato a casa con occhiali rotti e un occhio nero, riferendo che a fargli del male sarebbe stato "un ragazzo sudamericano" di cui "disse solo il nome, Douglas, il cognome non lo fece mai". Inoltre, avrebbe notato che dal conto del ragazzo mancavano circa 5mila euro. Due vicini di casa di Bossi hanno dichiarato di essere "quasi certi" di aver visto Carolo arrivare a casa con Bossi in almeno due occasioni. Per l'accusa, i due avevano una relazione che il 21enne avrebbe sfruttato per ottenere da lui soldi e regali. L'ipotesi è che il 26enne avesse intenzione di interrompere quel rapporto.