Omar Bassi morto a 23 anni, la cugina a Fanpage: “Nulla può restituircelo, ma lotteremo per la verità”
Omar Bassi aveva 23 anni e viveva a Bollate, in provincia di Milano. Amava il ballo e la musica, aveva tanti amici e cugini, lavorava con la mamma nel bar di una scuola. "Se avevi bisogno lui c'era sempre", dice la cugina Michelle Sala a Fanpage.it. Di questo ragazzo oggi possiamo parlare solo al passato, perché è deceduto lo scorso 5 agosto in seguito a una grave emorragia cerebrale, secondo la famiglia dovuta a una forte colluttazione avuta due settimane prima con i buttafuori di una discoteca del Varesotto.
"Odiava la violenza – ripete Michelle -, e se si è trovato in mezzo, a prendere così tante botte, è stato solo per difendere la sua famiglia, perché per lui la famiglia era tutto". La ragazza ci racconta chi era Omar e che cosa, stando a quanto lei stessa dice di aver visto, è successo quella sera del 20 luglio in un noto locale di Origgio (Varese).
Che cosa è successo quella sera?
"Il fratello di Omar guardava una lite in un tavolo dietro al nostro, noi non c'entravano nulla, non conoscevano nessuna di quelle persone. Un ragazzo di quel tavolo gli ha detto ‘Cosa guardi?' in malo modo e gli ha tirato uno schiaffo, quindi il fratello di Omar ha reagito con un pugno ma è tornato immediatamente al nostro tavolo, perché eravamo lì per festeggiare un compleanno e non volevamo discussioni. A quel punto sono però intervenuti i buttafuori, per sedare la lite al tavolo dietro il nostro, ma, non si è capito il perché, hanno tirato due pugni al fratello di Omar".
Come avete reagito?
"Invece di intervenire subito, abbiamo aspettato. Nostro cugino è andato a chiamare aiuto a un buttafuori, che però non l'ha neanche ascoltato, anzi ha cominciato a picchiarlo e a quel punto Omar si è sentito costretto a intervenire. Ha tirato un pugno a quest'ultimo buttafuori, ma solo per placarlo, non è che volesse cominciare una lite, voleva farlo smettere di picchiare l'altro nostro cugino".
Poi cos'è successo?
"Il buttafuori a cui Omar aveva dato un pugno è caduto a terra e così ne sono arrivati altri cinque, che l'hanno preso e hanno cominciato a massacrarlo di botte. Lo picchiavano con calci e pugni in testa, mentre altri buttafuori impedivano a noi di aiutarlo".
Come è finita?
"La serata è finita che nostro zio, il papà di Omar, è venuto a prenderci. Ci ha portati subito all'ospedale Sacco, perché, il fratello di Omar, il primo a essere coinvolto nei pestaggi, aveva il naso aperto in due, e anche Omar aveva percosse evidenti su tutto il corpo. Solo che poi al Sacco c'era troppa attesa e così siamo tornati a casa".
Omar però ha continuato a non stare bene anche nei giorni successivi.
"Sì, Omar ha avuto mal di testa e vertigini i due giorni seguenti, quindi mia zia ha deciso di portarlo a Garbagnate, dove gli hanno fatto una tac senza liquido di contrasto, che non ha evidenziato nulla di particolare. Quindi lui è tornato a casa sereno, perché gli avevano detto che se avesse preso l'antidolorifico e il dolore gli fosse passato voleva dire che era tutto a posto, avrebbe dovuto tornare solo se non fosse passato nemmeno con i medicinali. Omar nei giorni successivi aveva mal di testa, che però passava con l'antidolorifico, quindi non si è preoccupato ed è partito per le vacanze in Calabria con la sua famiglia".
Lì però si è sentito male…
"Sì, era appena uscito dalla doccia, ha avuto dolori alla testa e al braccio ed è caduto per terra, quindi hanno chiamato l'ambulanza, che ha constatato che era in coma. L'hanno intubato, l'hanno portato all'ospedale del paesino ma non era attrezzato per l'intervento, quindi hanno chiamato l'elisoccorso e l'hanno portato a Reggio Calabria, dove con una tac con liquido di contrasto hanno appurato che aveva un'emorragia cerebrale importante e hanno dichiarato che non c’era più nulla da fare".
Che cosa avete fatto dopo la morte di Omar?
"Dopo il decesso abbiamo sporto denuncia contro la probabile negligenza dell'ospedale di Garbagnate e contro il pestaggio di quella sera in discotesca. Noi abbiamo la sicurezza, nonostante non sia ancora arrivato il referto dell'autopsia, che sia stata colpa delle botte che ha preso, perché lui era un ragazzo sano, aveva 23 anni e non aveva mai avuto problemi. Anche dopo che ha avuto il mal di testa e si è accasciato per terra, non ha sbattuto la testa perché mio zio era già lì a tenerlo, quindi lui non ha riportato altre botte".
E che cosa farete adesso?
"Andremo avanti finché non si arriverà la verità. Omar era un ragazzo di una bontà infinita, sensibile, sempre pronto ad aiutare chiunque ne avesse bisogno. Tu chiamavi e sapevi che lui c'era. Era quel ragazzo che se vedeva una signora con le buste della spesa prendeva subito i sacchetti e le diceva ‘La porto su io'. Lavorava con sua mamma in un bar di una scuola e a 23 anni lo stipendio lo consegnava a sua mamma perché abitava con lei. Omar, come ultimo grande gesto di generosità ha salvato undici vite, grazie all'espianto di organi. Niente ce lo può portare indietro, però per lo meno un po’ di giustizia per lui, perché perdere la vita così a 23 anni è assurdo".