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“Oltre 50 richieste al giorno per 100 posti al mese”: la denuncia di chi aiuta i migranti a Milano

Dopo la chiusura delle prenotazioni online, soltanto otto associazioni possono gestire gli appuntamenti con la questura per presentare la domanda di protezione internazionale. Ma gli slot continuano a essere pochissimi e i migranti sono in aumento.
A cura di Sara Tirrito
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Le code dei migranti davanti alla Questura di via Cagni
Le code dei migranti davanti alla Questura di via Cagni

Il 17 luglio, la questura di Milano ha chiuso la possibilità di prenotare online un appuntamento per presentare la richiesta di protezione internazionale. La procedura era stata introdotta dopo che per più di un anno centinaia di migranti erano costretti ad aspettare tutta la notte in coda, spesso al freddo, fuori dalla caserma Annarumma in via Cagni per ottenere un appuntamento e avviare le pratiche per la domanda di asilo. In quei mesi, la situazione era degenerata in violenza e frequenti scontri tra migranti e Polizia, causando anche diversi feriti.

Dopo modifiche inutili agli ingressi, passati da 120 a settimana a 240 ogni 15 giorni, la questura ha permesso ai migranti la prenotazione di un appuntamento tramite il portale online prenotafacile. Il sistema serviva prendere appuntamento per coloro che erano in possesso di un documento di identità, che quindi potevano – da soli o tramite le associazioni – registrarsi e fissare una data per un primo incontro in questura. Sebbene non avesse mai preso realmente piede, il sistema online permetteva di distribuire i migranti tra le associazioni di settore: chi non aveva i documenti si rivolgeva alle organizzazioni riconosciute dalla questura, chi li aveva si rivolgeva ad altre associazioni per accedere al servizio o faceva in autonomia.

Ora, invece, l'intero flusso di migranti che transita da Milano viene gestito soltanto dalle stesse otto associazioni riconosciute dalla Questura. Questo però non sembra avere aggravato una situazione che era già pessima: "Non ha peggiorato le cose. C'era un problema enorme prima e la risposta è gravemente insufficiente anche adesso", dice a Fanpage.it Stefano Pasta, uno dei volontari della Comunità di Sant'Egidio a Milano.

Come vanno le domande di protezione internazionale a Milano?

È molto evidente che ci sia una problematica nell'accesso alla protezione internazionale. Le cause sono molteplici, ma il dato di fatto è che per molte persone c'è una quasi totale inaccessibilità al diritto di presentare una domanda di asilo, che – sottolineo – è un diritto. La modalità è cambiata ma il numero di accessi non è cambiato come anche la fortissima richiesta. Come Sant'Egidio, riusciamo a rispondere a circa un centinaio di persone al mese, un numero maggior rispetto a prima. Quello che ci è stato detto – e che verifichiamo noi stessi – è che il totale degli slot disponibili per il primo accesso spontaneo alla questura di Milano non è cambiato. Questa risposta per noi era insufficiente prima e rimane tale anche oggi. Il sistema attuale è comunque migliore di via Cagni, ma c'era un problema enorme prima e c'è un problema enorme adesso.

Di che numeri parliamo?

Solo nella mattinata di mercoledì 6 settembre, al recapito telefonico collegato allo sportello sono arrivate una cinquantina di richieste di aiuto per presentare la domanda di accesso spontaneo. Ho dovuto rispondere che per questo mese abbiamo esaurito gli slot assegnati dalla questura. L'unica cosa che posso dire è di provare presso altre associazioni.

Che tipo di canali usate per le prenotazioni?

Noi riceviamo via whatsapp, via mail (molto poco) ma anche presso la nostra sede. Dal 23 agosto abbiamo introdotto forme di prenotazione via whatsapp o mail. Di fatto alcuni si presentano comunque di persona, quindi proviamo a orientare anche chi si presenta fisicamente. Non abbiamo un unico canale di segnalazione, cerchiamo di evitare che si creino forme problematiche o esclusive di accesso.

Qual è la situazione attuale?

Siamo molto preoccupati su Milano per una situazione che preveda – come da ultime circolari ministeriali – la riduzione dei tempi di accesso nei centri di accoglienza, un clima generale che riguarda anche i minori stranieri non accompagnati. Per fare un esempio, oggi si è presentato presso la nostra sede un ragazzo 17enne di origini tunisine. Lo abbiamo riorientato rispetto ai servizi del comune per i minori non accompagnati, ma questo fa capire che anche in un territorio come è Milano, che sui minori non accompagnati è sempre stato attento a rispondere, vediamo segnali poco confortanti. Queste situazioni, unite anche alle ipotesi di ridurre l'accoglienza ci preoccupano. Come abbiamo anche sottolineato al livello nazionale, pensiamo che tutte le misure che limitano la regolarità della presenza in Italia, dentro cui rientra in pieno la difficoltà di presentare la richiesta di asilo, sono una scelta che non approviamo, preoccupante per il futuro del nostro paese.

Perché, in particolare?

Il diritto di asilo è prima di tutto un diritto, a cui le persone individualmente e non in base alla nazionalità devono potere accedere, ma in questo momento è anche una delle poche modalità per regolarizzare la propria presenza, anche in modo temporaneo. Allora il tema è anche facilitare la regolarizzazione delle presenze in Italia.

Quali sono le difficoltà specifiche di Milano?

Le persone che noi intercettiamo hanno sostanzialmente tre provenienze: una è dagli sbarchi del Sud Italia, una dalla frontiera terrestre di Trieste e la terza provenienza, che riguarda principalmente le persone sudamericane, è via aerea. Di queste tre provenienze ci sembra che in alcuni centri di prima accoglienza ci sia il suggerimento a proseguire verso nord Italia, per ragioni facilmente intuibili. In questo modo, però, i migranti non avanzano subito la richiesta di asilo ma attendono di arrivare a Milano per farlo.

Ci sono stati momenti di confronto con questore e prefetto quando si decideva il cambio di modalità di accesso?

Ci sono stati momenti periodici in cui, per esempio, le nuove modalità venivano spiegate. Le autorità hanno chiesto alle associazioni come stessero andando le cose. Tutte le associazioni, è noto, hanno detto che i numeri sono insufficienti rispetto alla domanda che intercettiamo. Purtroppo la questura lo sa: le code di via Cagni si sono, di fatto, soltanto trasformate ma continuano a esserci sotto altra forma.

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