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Oltre 200 morti in un giorno in Lombardia: assurdo pensare ora al “Natale in libertà”

Ieri nella sola Lombardia sono state 202 le vittime del Coronavirus, lo stesso numero di morti del 16 marzo, quasi esattamente otto mesi fa. Eppure, nella giornata più tragica in Lombardia di questa seconda ondata, il dibattito è tutto incentrato sui possibili allentamenti delle misure restrittive in vigore, sul possibile passaggio dalla “zona rossa” alla “zona arancione” e su cosa si farà a Natale. Come se ci si fosse tristemente assuefatti al virus e a centinaia di morti al giorno.
A cura di Francesco Loiacono
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C'è l'atroce sospetto che, soprattutto in questa seconda ondata della pandemia di Coronavirus, ci si sia assuefatti al virus e alle sue conseguenze più nefaste: le vittime. Ieri nella sola Lombardia sono state 202: lo stesso numero di morti del 16 marzo, quasi esattamente otto mesi fa. Si è detto più volte che i confronti con quanto accaduto la scorsa primavera sono fuorvianti. È vero: ma i morti, quelli sì, sono uguali. Si tratta sempre di persone strappate all'improvviso ai loro cari senza la possibilità di un ultimo saluto, o di poter stringere loro le mani nel momento della dipartita.

Eppure, nella giornata più tragica in Lombardia per quanto riguarda le vittime di questa seconda ondata, il dibattito è tutto incentrato sui possibili allentamenti delle misure restrittive in vigore e sul possibile passaggio dalla "zona rossa" alla "zona arancione". "In base ai numeri già oggi saremmo considerati in ‘fascia arancione’", ha detto oggi il presidente della Regione Lombardia Attilio Fontana, aggiungendo in una trasmissione televisiva che bisogna "cercare di mettersi in sicurezza perché dobbiamo fare il Natale e il Natale dobbiamo farlo con una certa libertà".

Nessuno ambisce a fare il grinch, nessuno ambisce a rovinare il Natale. Ma forse, come ha detto ieri il ministro della Salute Roberto Speranza su RaiTre a "Cartabianca", è anche bene non illudere le persone e dire chiaramente, già da ora, che il prossimo Natale non potrà essere come tutti gli altri. Parlare nello specifico di restrizioni o, al contrario, di libertà non è corretto, perché nessuno sa cosa potrà succedere all'andamento epidemiologico in più di un mese, che è il tempo che ci separa dalla festività. Ma una cosa è certa: il virus non ci farà alcun regalo di Natale, non scomparirà all'improvviso. E un'altra cosa deve essere chiara: i miglioramenti di cui in effetti si inizia a parlare in Lombardia sono, come per altro sottolineato dallo stesso Fontana, l'effetto di quelle stesse restrizioni che già dal prossimo 27 novembre si sta pensando – possibilità contemplata dall'ultimo Dpcm – di allentare.

Siamo sicuri che sia già il caso di tornare indietro, col rischio di assistere poi tra qualche settimana a un nuovo aumento di contagi, ricoveri – che per altro non si arrestano, perché "finché l'Rt resta sopra l'1 l'epidemia continua a crescere", come ha ricordato oggi il direttore sanitario di Ats Milano Vittorio Demicheli – e infine a una nuova, tragica impennata dei decessi? Il rispetto verso coloro che non ci sono più e verso le loro famiglie dovrebbe imporre tanta, tantissima cautela: il vaccino è ancora lontano, la vittoria contro il virus pure, di conseguenza. Imparare "a convivere" col Coronavirus non può e non deve significare assuefarsi a centinaia di morti al giorno e pensare se potremo fare il cenone di Natale tutti assieme.

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