Oggi un maiale sarà gettato in un forno per risolvere il caso Bozzoli: “Scelto tra quelli già morti”
Il caso Mario Bozzoli potrebbe arrivare a un punto di svolta grazie al "test del maiale" voluto dalla Corte d'Assise di Brescia. L'animale sarà gettato nel primo pomeriggio di oggi 27 aprile in un forno fusorio della fonderia di Provaglio d'Iseo, nel Bresciano, in modo da simulare cosa sarebbe accaduto se l'imprenditore scomparso nel 2015 fosse stato bruciato nel forno della sua azienda. Dopo le proteste delle associazioni animaliste, prima fra tutte la Lega anti vivisezione, il presidente del tribunale Vittorio Masia ha inviato una nota in cui chiarisce le modalità dell'esperimento: "Il maiale sarà selezionato tra quelli già deceduti per morte naturale, prelevati quotidianamente dagli allevamenti da ditte specializzate e conferiti all'Istituto zooprofilattico di Brescia per le analisi e il successivo smaltimento".
La petizione "Salviamo Cuore"
Meta, Avi, Salviamo i macachi di Parma e Lav avevano mandato nei giorni scorsi un appello anche al ministro della Giustizia Marta Cartabia, oltre che al tribunale di Brescia, al sindaco e all'assessore per la Tutela animale. Le associazioni avevano chiesto di revocare l'esperimento considerato illegale e anticostituzionale. Inoltre, avevano promosso anche una petizione dal nome: "Salviamo Cuore", ovvero lo sfortunato suino che secondo una prima interpretazione del mandato della Corte d'Assise sarebbe stato ucciso solo per effettuare il test. Un'iniziativa che ha raccolto 10.256 firme in pochi giorni e che può aver contribuito alla decisione del tribunale di usarne uno tra quelli "già deceduti per morte naturale".
La scomparsa di Bozzoli
In modo da avere dei risultati attendibili su più aspetti, l'animale sarà vestito con indumenti simili a quelli che indossava Bozzoli il giorno della scomparsa l'8 ottobre del 2015. Una delle ipotesi formulate dagli inquirenti è proprio quella che il suo assassino abbia bruciato il corpo dell'imprenditore in modo da distruggerne i resti. Al momento, l'unico imputato è il nipote Giacomo che all'epoca aveva 31 anni. L'uomo si è sempre dichiarato innocente, ribattendo che secondo lui lo zio sarebbe fuggito per motivi sentimentali. Tuttavia, il ritrovamento del corpo dell'operaio Giuseppe Ghirardini, avvenuto pochi giorni dopo la morte del suo titolare, è uno degli elementi che hanno indotto gli inquirenti a non credere alla versione dell'imputato. Secondo le ricostruzioni, Ghirardini era una delle ultime persone a vedere l'imprenditore Bozzoli ancora vivo.