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Obbligo vaccinale in Lombardia, lettere di richiamo per i medici non vaccinati: rischiano sospensione

Le agenzie di tutela della salute della Lombardia hanno iniziato a inviare le lettere di richiamo per tutti gli operatori che non si sono ancora sottoposti al vaccino anti-Covid. Per loro, nel caso in cui non dovessero vaccinare, scatterà la sospensione dell’incarico e dello stipendio. A Milano in totale sono 2.500 i sanitari che hanno ricevuto l’invito a produrre la documentazione di avvenuta vaccinazione o di sottoporsi alla somministrazione.
A cura di Ilaria Quattrone
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Le Agenzie per la tutela della salute stanno inviando le lettere di richiamo per tutti gli operatori sanitari che non sono ancora vaccinati. Per loro, come stabilito dal decreto Draghi, è previsto l'obbligo vaccinale. Una misura che ha scatenato molti medici e infermieri che hanno deciso di ricorrere al Tribunale amministrativo regionale di Brescia. In totale sono circa trecento: l'udienza sarà prevista in autunno, ma questo comunque non bloccherà le procedure. Per loro potrebbe essere prevista la sospensione dall'incarico con la conseguente sospensione dello stipendio almeno fino a quando non si sottoporranno alla vaccinazione.

Le lettere inviate dalle varie Agenzie di tutela della salute

Stando a quanto riportato a Fanpage.it, due settimane fa l'Ats di Milano – che ha competenza sulla provincia milanese e lodigiana – ha inviato in totale 9.861 lettere. Oltre ai medici e infermieri sono coinvolti gli odontoiatri, i veterinari, gli psicologi e le ostetriche. A Milano sono stati "richiamati" circa 3.500 operatori, di questi però circa 2.500 – i numeri potrebbero variare in questi giorni – non si sono ancora sottoposti a vaccinazione. Nel caso dell'Ats di Bergamo ha invece inviato oltre 4mila lettere mentre a Pavia sono circa duemila.

Come funziona l'obbligo vaccinale

L'obbligo sarà in vigore fino al 31 dicembre 2021. Da quando è entrato in vigore il decreto, tutti gli ordini professionali hanno inviato l'elenco dei nominativi degli iscritti alle Regioni. Queste hanno verificato lo status vaccinale di ogni operatore. Una volta fatto e trasmesso l'atto alle Ats, le agenzie hanno provveduto a contattare gli interessati: a tutti loro è stato richiesto, entro cinque giorni, di inoltrare un certificato che attesti l'avvenuta vaccinazione. Una volta trascorsi, le Ats hanno inviato le lettere di richiamo e l'invito a vaccinarsi. Qualora il soggetto dovesse decidere di non vaccinarsi, le Ats invieranno alle aziende le notifiche di sospensione. L'avviso arriverà anche agli ordini. Nel caso dei liberi professionisti, scatterà l'impossibilità a lavorare. Nel caso di coloro che lavorano nelle strutture, potrebbe essere previsto il demansionamento e cioè essere spostati in un altro reparto dove non si ha contatti con il pubblico, ma anche un eventuale riduzione dello stipendio.

Il ricorso al Tar da parte di trecento operatori

Il 14 luglio è stato discusso in Camera di Consiglio il ricorso depositato al Tar di Brescia da parte di trecento operatori sanitari nei confronti delle Ats di Bergamo, Brescia, Val Padana e Montagna. Ad assisterli c'è l'avvocato Daniele Granara, professore ligure di diritto costituzionale. A Fanpage.it ha spiegato: "Questa non è una questione di essere pro o contro il vaccino, ma di dover imporre qualcosa a qualcuno che non vuole farlo". La loro richiesta è quella di sospendere e annullare l'obbligo per non essere costretti "a fare qualcosa su cui non c'è certezza".

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