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Non lo fanno tuffare in piscina perché ha il turbante: “Il bagno con quella monnezza, lo fai a casa tua”

In una piscina privata di Montichiari (Brescia), è stato impedito a un uomo di fare il bagno perché aveva il turbante. Ha così lasciato una recensione in cui definiva questa regola “una schifezza”. A far discutere è stata la risposta del gestore: “Se vuoi farti il bagno con quella monnezza, lo fai a casa tua, non da noi”.
A cura di Ilaria Quattrone
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A Montichiari, comune che si trova nella Bassa Bresciana, due uomini non hanno potuto fare il bagno in una piscina di una struttura privata perché avevano il turbante. A peggiorare la situazione, ci hanno pensato proprio i gestori del locale che, rispondendo a una recensione su Google, hanno definito il copricapo "monnezza" o ancora "che fa schifo".

La dinamica

Una settimana fa, due persone si sono presentate nella struttura per poter trascorrere una giornata in relax: entrambi avevano il turbante. A detta della struttura, che ha poi pubblicato un messaggio sui social per chiarire l'episodio, una responsabile infatti avrebbe detto loro che i materiali con cui sono realizzati i turbanti non erano a norma. Avrebbe così offerto loro una cuffia, che i due però avrebbero rifiutato.

Costretti a tornare a casa (la struttura avrebbe rimborsato loro il biglietto di ingresso), uno dei due ha pubblicato una recensione su Internet: "Posto carino, ma il regolamento secondo il quale le persone con il turbante non possono fare il bagno secondo me è una schifezza. Fa molto schifo questa regola, spero la tolgano". Immediata la risposta della struttura che non ha esitato a definire con parole spregevoli l'oggetto religioso.

La recensione razzista

"Che fa schifo, è quel turbante sudaticcio che avevi in testa. Se vuoi farti il bagno con quella monnezza, lo fai a casa tua, non da noi. È colpa di gente come te ed i tuoi amici se l'integrazione è complicata, tu comandi a casa tua e non in quella degli altri. Vergognatevi, tu ed i tuoi amici !!! Pistola io che vi ho anche "rimborsato" l'ingresso perché mi facevate tristezza. P.S.: impara a scrivere correttamente in italiano".

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Frasi, come si può leggere, impregnate di razzismo che è evidente nell'aver definito il turbante "monnezza" o aver invitato l'uomo a tuffarsi da un'altra parte ("Il bagno lo fai a casa tua") o ancora aver sostenuto che "è colpa di gente come te e i tuoi amici se l'integrazione è complicata" per poi concludere con: "impara a scrivere correttamente in italiano".

E non è andata meglio con i chiarimenti forniti sui social che sono stati pubblicati su Facebook con la descrizione: "Chi mi ha insultato per la storia dei turbanti ricordo che esistono anche i doveri, non solo i diritti !!! E' ora di finirla con il "tutto è dovuto".

Hanno poi fornito la ricostruzione della dinamica dell'episodio: "Sembrava tutto tranquillo e invece a distanza di qualche ora, uno di loro si permette di offenderci scrivendo nelle recensioni di Google che siamo una schifezza. Eh, allora anche no. Va bene essere gentili e cortesi (è nella nostra natura continuare a porgere l’altra guancia, quello no. Esiste anche la mia dignità, quella dei miei collaboratori e quella aziendale".

L'uomo però aveva definito una schifezza solo la regola – non la struttura – che vieta a chi porta il turbante a non tuffarsi in acqua.

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