Non gli affittano la stanza perché di origini africane: “È stato un mio coetaneo, mi ha fatto male”
Menin Hubert Don ha 26 anni e vive in Italia da quando ne aveva cinque. È originario della Costa d'Avorio, ma la sua infanzia e la sua giovinezza sono trascorse tra Vigevano e Pavia. In quest'ultima città ha iniziato il suo percorso universitario e la carriera da atleta. Una storia, la sua, di integrazione e successo, su cui cala però l'ombra del razzismo.
"Nella vita sono un cameriere, studente e anche atleta – racconta Menin a Fanpage.it -. Faccio i 400 metri, quindi sono un velocista, e studio bioingegneria all'Università di Pavia".
"Non potendo contare sull'appoggio economico dei miei genitori – spiega -, mi sono ritrovato a dover lavorare per pagarmi l'alloggio e gli studi, cosa purtroppo non conciliabile con l'impegno da atleta agonista che sostenevo fino a qualche tempo fa".
Così Menin è costretto a sacrificare l'atletica, o almeno la sua pratica ad alti livelli: "Proprio per questo – aggiunge il ragazzo – presto dovrò lasciare il collegio universitario in cui avevo un posto come studente-atleta. È stata una scelta dolorosa, ma ho preferito mettere davanti lo studio".
"Stiamo cercando un italiano"
A inizio anno comincia la ricerca di una stanza. Menin ispeziona diverse pagine Facebook dove vengono pubblicati annunci di stanze in affitto per studenti. Una, anche se non perfetta, potrebbe fare al caso suo. Quindi contatta gli inquilini, universitari come lui.
“Ciao, la stanza è ancora disponibile?”, ricorda di aver scritto Menin. La risposta non tarda ad arrivare, ma lo lascia spiazzato: “Ciao, la stanza è ancora disponibile, però siccome siamo all'inizio cerchiamo un ragazzo italiano. Qualora cambiassimo idea, ti ricontatteremo”.
"Sentendomi ferito – commenta Menin -, gli ho scritto di non scomodarsi a ricontattarmi, perché io non convivo con i razzisti. Mi ha fatto male e mi fa tuttora male – aggiunge -, perché è una cosa che non mi aspettavo. È stato difficile avere la cittadinanza e anche ora che l'ho ottenuta devo lottare con il fatto di non essere accettato come persona solo perché ho la pelle scura?"
"Fa male, ma non è la prima volta"
"Fa ancora più male – continua il ragazzo – perché l’ho subìto da un mio coetaneo, da una persona che dovrebbe come me lottare contro queste forme di discriminazioni. Ho cercato anche un po’ di mettermi nei suoi panni, però non ci sono riuscito, perché non ha scusanti e non ha scuse: si è soffermato sulla mia foto profilo e sul mio nome, non mi ha chiesto nemmeno chi fossi e se potessi pagare l'affitto".
Purtroppo però non è il primo episodio di discriminazione che Menin ha vissuto in maniera diretta o indiretta. "Le battutine e le frecciatine ci sono sempre state – racconta -. Mi è capitato varie volte durante partitelle di calcio di non ricevere la palla oppure di non essere schierato per la mia pelle scura".
"Mia sorella – aggiunge – è da un anno che cerca alloggio, avendo un figlio, e non riesce a trovarlo. Lei parla perfettamente l'italiano, come lo parlo io, quando contatta i proprietari al telefono va tutto bene ma nel momento in cui si incontrano saltano fuori un sacco di scuse".
Un tempo Menin sopportava in silenzio, ora non più. "Tacere è sinonimo di accettare e io non voglio essere complice di questo, anzi, voglio dar voce a chi non può. Nessuno deve ritrovarsi a combattere per essere accettato".