“Non ci furono maltrattamenti”, sentenza di condanna cancellata per il maestro d’asilo di Pero
Non ci furono maltrattamenti. Il maestro d'asilo di Pero, condannato a due anni e otto mesi di reclusione in primo grado con rito abbreviato dal tribunale di Milano per violenze ai danni di un bambino di tre anni, è stato assolto dalla Corte d'Appello dopo aver trascorso un anno e quattro mesi agli arresti domiciliari. Anche il procuratore generale d'accusa ha chiesto scusa "a nome del sistema a un maestro al quale affiderei i miei figli". Questo perché, come riportato dal Corriere della sera, il maestro è rimasto vittima di una "lettura smaccatamente colpevolista" basata sulle "didascalie presenti sotto i filmati estrapolati dai carabinieri".
La sentenza della Corte d'Appello: Il video dei carabinieri ha tratto in inganno
La Corte d'Appello giustifica l'assoluzione spiegando che la sentenza di condanna, tra le altre cose, "non ha minimamente preso in esame tutto il personale della scuola (ben undici persone) che ha tassativamente escluso di aver mai visto atteggiamenti violenti o vessatori". Per questo "non può non colpire la desolante assenza di alcuna testimonianza, mai disposta, dei genitori dei restanti venti bambini della classe". Inoltre secondo la Corte d'Appello ciò che si legge nei video registrati dai carabinieri non corrisponderebbe quasi mai a quanto si vede. Sarebbe quindi stato un errore basato sulle didascalie dell'Arma a trarre in inganno gli inquirenti ed ad indurre il gip a "emettere una misura cautelare di estrema gravità" che ha portato "conseguenze devastanti sul buon nome del maestro". Riguardando i filmati, dunque, la Corte ha deciso che non ci sono tracce di colpi con ciabatte né di teste sbattute o schiaffi e colpi intesta.
Maestro imputabile di percosse, ma non c'è la querela della parte lesa
Qualcosa, però, la Corte ha visto e riguarda "condotte connotate da violenza, seppur minima, e quindi non accettabile in contesto educativo". Queste percosse, "non nel significato letterale di percuotere", erano usate per richiamare i propri alunni con "modi decisi, talora bruschi e altre volte energici oltre il consentito". Dunque, il maestro sarebbe potuto finire sul banco degli imputati con il reato di percosse ma per far sì che succedesse, occorreva una querela dalla parte offesa. Cosa che in quest'occasione non c'era.