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“Non chiamatela bravata”: a Fanpage.it parla l’avvocato di Michele Di Rosa, fermato per il cavo teso in strada

Si è costituito Michele Di Rosa, uno dei tre ragazzi che nella notte tra il 3 e 4 gennaio ha teso un cavo d’acciaio lungo viale Toscana a Milano. A Fanpage.it il suo avvocato Gaetano Giamboi ha spiegato che il 18enne “ha avuto un profondo patimento personale” e che non intende “minimizzare il gesto”.
A cura di Enrico Spaccini
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Michele Di Rosa si è presentato spontaneamente alla Questura di Monza. Il 18enne è indagato insieme ad Alex Baiocco e a un terzo ragazzo per aver teso un cavo d'acciaio da un lato all'altro di viale Toscana a Milano nella notte tra mercoledì 3 e giovedì 4 gennaio. Il suo avvocato, Gaetano Giamboi, ha spiegato a Fanpage.it che Di Rosa "ha avuto un profondo patimento personale" e, non riuscendo a reggere "al suo stesso giudizio", ha deciso di costituirsi: "Si è reso conto della gravità di quello che ha fatto e non la vuole chiamare ‘bravata', perché secondo lui sminuisce quanto accaduto".

Il cavo teso e l'indagine per blocco stradale

Secondo quanto ricostruito finora dalle indagini, i tre ragazzi hanno preso la bobina di un cavo d'acciaio da un cantiere di via Ripamonti e lo hanno teso da un lato della carreggiata all'altro. "Eravamo ubriachi", ha detto Baiocco durante l'interrogatorio di convalida del fermo davanti al gip, "a qualcuno è venuta questa idea stupida di legare la corda da un lato all'altro della strada. Volevamo capire quanto fosse lungo il cavo".

Così facendo, i tre hanno provocato un incidente. Una Fiat Panda, infatti, si è scontrata con il cavo teso danneggiandosi e rompendo la corda. Per quanto accaduto quella sera si indaga con l'ipotesi di reato di blocco stradale e i presunti responsabili sarebbero Baiocco, Di Rosa e un terzo ragazzo minorenne non ancora rintracciato.

"Di Rosa ha ammesso senza minimizzare il gesto"

Di Rosa, ormai identificato dagli investigatori, ha deciso di costituirsi la sera del 6 gennaio dopo averne parlato con i genitori. Il ragazzo di Cologno Monzese, che ha da poco compiuto 18 anni e che aveva appena iniziato a lavorare come aiuto cuoco in un locale di Milano, avrebbe "ammesso senza minimizzare il gesto", ha spiegato il suo legale, "riferendo tutto quanto è a sua conoscenza e assumendosi le sue responsabilità".

I tre non si conoscevano da molto, avevano avuto solo qualche incontro occasionale. Poi il fatto del cavo d'acciaio che Di Rosa dice di non riuscire a definire una "bravata" perché, ha detto Giamobi, "lo considera un termine che tende a sminuire la gravità del gesto che avrebbe potuto avere conseguenze che, grazie al cielo, non ha avuto".

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