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“Noi abbiamo sparato, ma loro ci hanno provocato”: il manager di Baby Gang racconta la rissa in Corso Como

“Il fatto che la rissa sia finita in una sparatoria è una cosa sbagliatissima. Noi siamo i primi a dirlo, ma le motivazioni e la dinamica che loro hanno fornito sono false”: a dirlo ai microfoni di Fanpage.it è Marilson Paulo Da Silva, manager dei trapper Simba La Rue e Baby Gang.
A cura di Ilaria Quattrone
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"Eravamo lì per i fatti nostri, siamo stati provocati, abbiamo cercato di evitare in qualunque modo lo scontro": a dirlo ai microfoni di Fanpage.it è Marilson Paulo Da Silva, manager dei trapper Simba La Rue e Baby Gang. I due giovani insieme al 27enne sono stati arrestati insieme ad altri ragazzi perché accusati di aver partecipato a una rissa e gambizzato due ragazzi in corso Como a Milano, il 3 luglio scorso. Il Tribunale del Riesame di Milano a ottobre ha disposto la scarcerazione di Da Silva sostenendo che il ragazzo, a differenza degli altri, ha cercato di evitare e successivamente sedare la rissa né ha mai aggredito le vittime.

Alessane Pathe Mbaye, una delle due vittime, in un'intervista rilasciata a Fanpage.it, ha fornito la sua versione dei fatti: ha raccontato che uno dei membri del gruppo, poi finito in manette, aveva urtato una amica fuori dall'uscita di un locale, ha spiegato di essere intervenuto in aiuto dell'altra vittima gambizzata e di aver avuto con sé una pistola scacciacani perché vittima di minacce e violenze da diversi mesi. Aggressioni che, come spiegato da lui stesso, sarebbero state perpetrate da alcuni soggetti vicini al gruppo che lo ha poi aggredito in quel 3 luglio.

Da Silva, dal canto suo, ha smentito l'ipotesi di una spedizione punitiva e raccontato che una delle due vittime, per la precisione Ndiaye Mbaye, avrebbe insultato il gruppo di amici. Insulti dai quali sarebbe nata una discussione culminata poi nella rissa.

Cos'è successo la notte del 3 luglio in Corso Como?

Quella notte ero insieme ad alcuni amici. Mi trovavo in particolare con Baby Gang e Simba La Rue, che sono due artisti con cui lavoro. Siamo andati a Varese e precisamente in un locale che si trova al confine con la Svizzera. Poco prima delle quattro del mattino ci siamo spostati in corso Como a Milano. Eravamo circa una decina. Alcuni di noi avevano un po' bevuto, però non avevamo avuto nessun tipo di comportamento strano né avevamo litigato con qualcuno.

A un certo punto è arrivato un ragazzo senegalese, che sarebbe Ndiaye, che ha insultato nella sua lingua uno dei miei amici. Tra di noi c'è qualcuno che sa il senegalese. Uno dei miei amici ha capito cosa lui aveva detto. Da lì, è iniziata una discussione. Un mio amico si è messo in mezzo per cercare di evitare qualunque tipo di scontro fisico. Mi sono avvicinato anch'io per cercare di capire cosa stesse succedendo. E nel frattempo è arrivato Alessane, un amico del ragazzo senegalese.

Ad un tratto sia Alassane che Ndiaye si sono allontanati. Io li ho rincorsi e quando li ho raggiunti ho visto Alassane con una pistola. Ha sparato un colpo in aria e un colpo vicino a me per cercare di spaventarmi.

Ho cercato di immobilizzarlo, comunque di non far sì che potesse sparare a qualcun altro e sono finito a terra e da lì mi sono rialzato. Questa scena però non compare nei video perché è accaduta fuori dalla zona inquadrata dalle telecamere di videosorveglianza. A un certo punto ho visto il suo socio che stava correndo verso i miei amici. Io l'ho rincorso e l'ho bloccato.

E da lì sono intervenuti anche i miei amici che gli hanno tolto la pistola ed è poi partita la rissa.

Qual è stato l'insulto che vi hanno rivolto? 

So solo che è stato rivolto un insulto, ma non conosco le parole esatte. Fatto sta che, come si vede anche dai filmati, nessuno di noi è andato a cercare rogne o ha provocato uno dei due ragazzi. Sull'episodio della ragazza urtata dai miei amici, che Alessane cita nell'intervista e di cui ha parlato agli investigatori, posso dire che nessuno dei nostri amici ha urtato alcuna ragazza. Anzi nessuno di noi ha proprio idea di chi sia questa ragazza.

Queste sono sue dichiarazioni che sta provando a mettere insieme per cercare di dare una ragione credibile a un qualcosa che non è credibile. Lui l'ha fatta passare come se fosse un qualcosa di premeditato. Quando nessuno di noi sapeva che lui fosse lì.  Ci siamo solamente incrociati quella sera.

Non si è trattato quindi di una spedizione punitiva? 

Questo fatto è stato smentito dal Tribunale del Riesame. E infatti, grazie a Dio sono stato prosciolto. Ci tengo a precisare che se fosse stata una spedizione punitiva, anche dai filmati si sarebbero viste altre scene. Loro erano due e li avremmo attaccati, cosa che invece non è successa.

Eravamo lì per i fatti nostri, siamo stati provocati, abbiamo cercato di evitare in qualunque modo lo scontro. Questo è però partito quando il tipo è arrivato con la pistola e ha sparato. Cosa dovevamo fare? Non farci sparare o stare lì a guardare? Non penso. Se ti attaccano e ti puntano una pistola tu ti difendi.

Due ragazzi però sono stati feriti con alcuni colpi di pistola alle gambe. 

Sì, sono stati colpiti. Noi ci siamo difesi come abbiamo potuto perché ognuno di noi pensava in quel momento di rischiare la propria vita. Quindi era una situazione di vita o morte. C'era una persona che ci puntava la pistola e in quei momenti non hai tempo per chiamare i carabinieri.

È ovvio che girare armati è una cosa sbagliatissima. Il fatto che la rissa sia finita in una sparatoria è una cosa sbagliatissima. Noi siamo i primi a dirlo, ma le motivazioni e la dinamica che loro hanno fornito sono false. Se la loro versione fosse accompagnata da fatti, prove, video o qualcosa di concreto, capirei.

Anche però, guardando i filmati io, per esempio, ho cercato semplicemente di limitare i danni. In una situazione del genere avere cervello la testa non è facile. A loro faceva comodo che noi fossimo finiti nell'ennesima situazione e questa è stata fatta per mettercela in c*** a noi.

A chi ti riferisci?

Alla magistratura, allo Stato in generale.

Come rispondi alle accuse di rapina? 

L'episodio è molto semplice da spiegare, nel senso che tra le varie colluttazioni che ci sono state con il ragazzo senegalese, c'è quella dove gli è stato strappato il borsello. Quando è caduto a terra, il primo che si è avvicinato in quel momento è stato uno dei miei amici. Lui non si è manco curato di chi fosse perché era convinto che fosse di qualcuno dei nostri.

Negli ultimi anni, non sentiamo altro che parlare dei procedimenti penali di Baby Gang e Simba La Rue. Perché?

È difficile conoscere qualcuno se non c'è il minimo sforzo. Ci sono qualità che nessuno conosce o intenzionato a farlo perché si limita a leggere i giornali e quello che viene fatto passare. Ci sono persone che magari dicono: "Ho letto un articolo che parla di Baby Gang e Simba La Rue e così ho capito che tipo di persone sono". In realtà però non ha mai ascoltato la loro musica, non ha avuto modo neanche di parlarci di persona, neanche di conoscere veramente la persona.

Il più delle volte sono giudizi molto affrettati. Quindi se parliamo di procedimenti penali e una persona ha sbagliato perché non ha rispettato la legge, è giusto che paghi. Sicuramente sono stati fatti tantissimi errori. Sicuramente c'è da crescere, ma quello è un discorso che può essere fatto con qualunque persona.

Ci sono magari persone sulle quali non viene sempre puntato il dito e i cui errori non vengono ingigantiti. Se siamo noi a sbagliare invece le persone ci reputano subito colpevoli e sono certe che siamo stati noi.

Quanto il tema gang presente nelle canzoni di Baby Gang e Simba La Rue potrebbe aver influito sulla vita reale? 

Siamo ragazzi normalissimi, io mi sento un ragazzo normalissimo. Il fatto di girare armati? Ci perdiamo le nostre responsabilità per quello, ma non siamo persone che sono impazzite o senza cervello che da un momento all'altro prendono e sparano a qualcuno. Io lavoro tutti i giorni, mi faccio il mazzo e non mi ha regalato niente nessuno.

Non sono qua grazie a nessuno, ma anzi grazie ai sacrifici di tutti i giorni. Tutti noi quando abbiamo sbagliato nella nostra vita, abbiamo sempre pagato. Anche adesso stiamo pagando, ma più di quello che abbiamo fatto.

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