Niente processo, Fontana commosso. Gli avvocati: “Sarà ripagato dalle sofferenze di questi due anni”
“Attilio, Attilio, sentenza di non luogo a procedere”. Appena uscito dall’aula 31 al settimo piano del tribunale di Milano, poco dopo le 16 di venerdì 13 maggio, l’avvocato Federico Papa chiama il suo assistito, il governatore della Lombardia Attilio Fontana. “Sì, davvero Attilio, ti giuro”. “È una delle più grandi soddisfazioni della mia carriera”, aggiunge Jacopo Pensa, l’altro difensore di Fontana. Il governatore non ci crede e quasi non ci credono nemmeno i due legali: non ci sarà nessun processo per quello che negli ultimi due anni è diventato il “caso camici”.
I passaggi cruciali del “caso camici”
Lo ha deciso il gup Chiara Valori nell’ultima udienza per le indagini preliminari, quella che doveva decidere sul rinvio a giudizio per Fontana, il cognato Andrea Dini, titolare al 90% della società Dama S.p.A. di cui il restante 10% appartiene alla moglie di Fontana, il vicario del segretario generale della Regione, Pier Attilio Superti, l’ex direttore generale della centrale acquisti regionale Aria S.p.A. Filippo Bongiovanni e l’ex direttrice degli acquisti di Aria spa, Carmen Schweigl. Per loro i pm milanesi Luigi Furno, Paolo Filippini e Carlo Scalas avevano sollevato l’ipotesi di reato di concorso in “frode in pubbliche forniture sotto il profilo dell’inadempimento di un contratto con l’amministrazione pubblica, allo scopo di tutelare l’immagine politica del presidente della Regione una volta che era emerso il conflitto di interessi derivante dai rapporti di parentela con il fornitore” Dini, il quale si era aggiudicato un contratto con la Regione da 513mila euro per 75mila camici e 7mila set di calzari e cuffie. Secondo l’accusa, gli indagati avrebbero allora simulato la donazione della parte di camici fino a quel momento già consegnata da Dini alla Regione e si sarebbero accordati in modo che si intervenisse per la rinuncia dei 25mila camici ancora da fornire. Per la Procura questo escamotage avrebbe danneggiato la collettività e gli interessi della Regione con l’effetto di “far mancare beni (i 25mila camici mancanti, ndr) destinati a far fronte al quotidiano fabbisogno di camici richiesti dallo stato di emergenza sanitaria”.
“Le buone azioni vanno premiate, non processate”
“Il fatto non sussiste per tutti e cinque gli indagati – ripete con soddisfazione l’avvocato Pensa fuori dall’aula -, il che vuol dire che la situazione non era penalmente rilevante”. “Questa – aggiunge il collega Papa – è molto più di una assoluzione, è un non luogo a procedere, il che significa che l’accusa non era sostenibile in giudizio”. “È stato un errore aver condotto un’indagine su una donazione – il commento del legale di Bongiovanni, Domenico Aiello -. Le buone azioni vanno premiate, non processate”. E la buona azione, secondo la difesa del governatore lombardo, sarebbe stata “far risparmiare a Regione Lombardia 513mila euro con la donazione da parte di Dama Spa”.
I camici mancanti
Sulla questione dei 25mila camici non pervenuti Papa dichiara a Fanpage.it: “Non si trattava di camici mancanti, nel senso che la fornitura era già stata fatturata, poi è stata donata e da lì quei 25mila camici non sono stati consegnati perché nel frattempo erano intervenute altre tipologie di fornitura e quindi il fabbisogno era stato soddisfatto: Regione Lombardia non ha avuto alcun danno”. “Anzi – rincara Pensa – se fossimo andati a dibattimento lo Stato avrebbe speso il quintuplo di quanto ha invece risparmiato grazie alla donazione di Dama”.
“Commosso e ripagato dalle sofferenze”
“Il governatore era commosso – dicono a Fanpage.it i due legali difensori -, questo verdetto è un regalo che ci fa credere nella giustizia. Adesso Attilio sarà ripagato dalle sofferenze patite in questi due anni, in un momento già estremamente difficile per la Lombardia”. E ora, equilibri interni al Carroccio permettendo, Fontana potrebbe puntare in maniera ancora più decisa al governo bis.