Nessuno le faceva la risonanza magnetica prima di 6 mesi: così è morta la donna dimessa 3 volte dall’ospedale

La prima volta che Paula Almeida si era fatta visitare all'ospedale Carlo Poma di Mantova, i medici l'avevano dimessa con una raccomandazione: fare un controllo più approfondito. La 37enne, un paio di settimane prima di morire, accusava forti dolori a un braccio e al torace. Il marito, allora, aveva deciso di accompagnarla al pronto soccorso. Lì i sanitari non avevano trovato nulla di preoccupante, ma le avevano consigliato di sottoporsi a una risonanza magnetica.
Tornata a casa, Almeida si è mossa per prenotare la visita. Subito, però, si è scontrata con l'ormai tipico problema della sanità lombarda, ovvero le liste d'attesa interminabili. La 37enne accusava dei forti dolori, ma il primo posto libero per una risonanza magnetica sarebbe stato dopo sei mesi. Un'eternità. Ecco allora che si è ritrovata costretta a fissarne una a pagamento per il 28 gennaio.
Il peggioramento delle condizioni di salute di Almeida
Alle prime ore del 27 dicembre stava di nuovo male. L'accesso al pronto soccorso del Poma è stato registrato alle 3:58, in codice verde. Anche questo controllo è terminato con le dimissioni. Non passano 24 ore, che Almeida sta di nuovo male. A casa arriva un'ambulanza che la porta in ospedale alle 4:31.
È molto agitata, ma i sanitari le dicono di avere pazienza e le viene somministrato un ansiolitico. Intanto il codice verde diventa arancione, ma Almeida torna a casa. Stavolta le sue condizioni peggiorano velocemente, fino a quando i parenti chiamano il 118: "Venite subito, non respira". Almeida muore poco dopo nella sua casa nel quartiere Cittadella, lasciando il marito e due figli di 2 e 6 anni.
Sarà l'autopsia a fare chiarezza sulle cause della morte di Paula Almeida. Sul caso è stata aperta un'inchiesta. La Comunità Piccolo Brasile, l'associazione che raccoglie cittadini brasiliani residenti nel mantovano, attraverso la sua presidente Ana Viera ribadisce: "Non abbiamo dubbi sulla sanità italiana, ma temiamo che in caso di emergenza possano esserci fraintendimenti tra pazienti e dottori, magari per la lingua o perché noi brasiliani siamo particolarmente emotivi".