Questo pomeriggio si è tenuto il funerale di Laura Ziliani. Una donna, prima che una madre, strappata alla vita troppo presto. Troppo presto, per chi, come lei, portava sulle spalle la responsabilità di garantire un futuro dignitoso a Lucia, la disabile delle sue tre figlie. Proprio Lucia che aveva già perso il padre qualche anno prima e che, ad oggi, è rimasta sola con l’anziana nonna.
Nei giorni scorsi, quasi come un fulmine a ciel sereno, è arrivata la richiesta (poi negata dal pubblico ministero) di Silvia e Paola Zani, accusate di matricidio in concorso con Mirto Milani, di partecipare all’ultimo saluto. Proprio loro che, denunciandone la scomparsa dopo solo quattro ore, piangevano finte lacrime in altrettanti menzogneri videomessaggi di appello. Sempre Silvia e Paola che, dopo la traduzione in carcere come attuazione della misura cautelare disposta dal giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Brescia, si sono trincerate dietro un fragoroso quanto assordante silenzio. Un silenzio mai interrotto. Almeno fino ad oggi. Due donne accusate di aver ucciso chi ha donato loro la vita. E di averlo fatto per motivi futili, ma soprattutto per un “consumismo di emozioni” contraddistinto da desideri abietti: soldi e vita agiata senza spirito di sacrificio. In un tale quadro comportamentale come può motivarsi una simile richiesta di partecipazione ai funerali?
Dietro la richiesta delle due figlie non c'è pentimento, ma egoismo
La risposta è più egoistica di quanto si creda. Dietro di essa non si è celato alcun tipo di tipo di pentimento o di spinta interiore causata da un qualche rimorso. E a confermarlo è stata proprio la volontà non collaborativa degli ultimi mesi. Difatti, da quando sono state arrestate, lo scorso 24 settembre, Silvia e Paola non si sono in alcun modo adoperate per coadiuvare le indagini e neppure hanno mostrato un qualche segnale di obiezione in ordine alle accuse mossegli.
Dunque, la manifesta volontà di partecipare alle esequie è frutto di quello che possiamo definire come spirito conservativo. In altri termini, contrariamente a quanto si possa pensare, essere presenti avrebbe consentito loro di instaurare un distacco emotivo, strumentale alla finalità di non acquisire coscienza e a negare prima di tutto a loro stesse di aver contribuito all’omicidio della madre. Dunque, la loro presenza non era per Laura, ma per preservare la loro integrità psichica. Ciò in attuazione di quello che può esser definito "meccanismo di difesa primitivo". Un meccanismo che consente ai soggetti di non riconoscere parte di sé, un pensiero, un desiderio o, nella più estrema delle ipotesi, l’agito stesso.
Un agito, se sarà confermato nei tre gradi di giudizio, intollerabile per la coscienza: Laura Ziliani, la loro madre, morta anche per mano propria. Contenuti che prima diventano inaccettabili per l'essere umano e poi si trasformano inaccessibili per la continuità della “sopravvivenza psichica”. In questo senso, un modo per sfuggire ai gravi indizi di colpevolezza e, forse, anche per lavarsi la coscienza di fronte alla sorella Lucia. L’unica, delle tre sorelle, ad essere legittimata a partecipare nel giorno dell’estremo saluto. In ultimo, ragionando in termini difensivi, non è da escludere che siffatta richiesta possa essere utilizzata in chiave difensiva per la concessione della perizia psichiatrica.