“Nello sport ci sono troppe discriminazioni”, così nasce la prima squadra di basket Lgbt+
Non è essere esclusi, diversi o etichettati, quanto, semmai, rifuggire dalle classificazioni. "Perché il basket, così come lo sport tutto, deve essere passione e libertà", dice a Fanpage.it Joseph Naklé, cofondatore dei Peacox Basket Milano, la prima squadra di pallacanestro italiana totalmente inclusiva.
"Siamo nati circa tre anni fa – racconta Jospeph -, con la pandemia. Ci siamo resi conto che mancava a Milano e in Italia una realtà come questa, volevamo dare a tutti la possibilità di giocare sentendosi se stessi".
"All'inizio – aggiunge Francesco Fusello, vice presidente dei Peacox – eravamo 3-5 persone che si tiravano la palla in un campetto, ora siamo tantissimi ed è bello essere una grande famiglia".
Un rifugio contro le discriminazioni
"Nel mondo dello sport, soprattutto quello professionale – commenta Joseph – le discriminazioni ci sono eccome. Giocatori e giocatrici non eterosessuali spesso sono bullizzati o costretti a nascondersi".
"Quando ho deciso di affrontare la transizione da uomo a donna – racconta Valeria Tandurella, una giocatrice – tra le mie più grandi paure c'era il non poter più giocare a basket. Infatti nel 2019, quando ho preso la decisione, ho abbandonato la squadra in cui mi allenavo, credevo che non avrei più giocato".
I motivi erano diversi: "Innanzitutto mi vergognavo, nello spogliatoio, a mostrare il mio corpo in transizione, poi – continua la giocatrice – rispetto a quando ero uomo le mie prestazioni si sono ridotte".
"Per fortuna – conclude – ho scoperto questa squadra e da qualche mese sono tornata in campo. Mi sento accettata e sono felicissima di aver avuto questa possibilità".
Il brutto del basket
"Non riuscivo più ad accettare il brutto di questo mondo – dice Laura Rossi, oggi allenatrice dei Peacox -. Ho sempre allenato anche a livelli alti e ho visto tanta competizione e discriminazioni, soprattutto nel basket maschile".
"A un torneo, per caso, ho conosciuto i Peacox – ricorda la donna – e mi sono messa a disposizione, proprio perché condividevo il messaggio, lo stesso che mi sento di portare io, ogni giorno, come persona".
Non tutti i Peacox sono stati discriminati: "Sono un ragazzo gay – dice Daniele Mazzinghi -, ma non sono mai stato trattato diversamente nel basket per questo e nemmeno sono entrato in squadra per la mia omosessualità, l'ho fatto perché condivido gli stessi valori di inclusione".
Una scelta necessaria
"Squadre come la nostra – commenta Naklé – sono necessarie per offrire uno sguardo diverso e per dare rifugio a chi ha la passione per questo sport e il diritto di viverlo in libertà".
"Oggi – dice infine – ci siamo strutturati come asd e, sebbene in ambito amatoriale, partecipiamo al campionato Uisp in Lombardia, oltre che a diversi tornei all'estero".
"Siamo stati accolti bene dalle altre squadre, spero che anche loro possano in futuro aprirsi a nuove frontiere di inclusione, sarebbe un onore essere un modello da questo punto di vista".