Nel Cpr di Milano gli psicologi non parlavano neanche la lingua dei trattenuti: “Ci capivamo con il feeling”
La Procura di Milano ha inviato l'avviso di conclusione indagini nell'inchiesta sulla gestione del Centro di permanenza per il rimpatrio di via Corelli. Gli indagati sono il gestore del Centro nonché amministratore di fatto di Martinina Srl, l'azienda a cui è stato affidato il servizio di gestione e funzionamento del Cpr e l'amministratrice di diritto questa società.
Entrambi sono indagati perché in concorso tra loro e con persone non identificate avrebbero commesso una frode nella esecuzione del contratto di appalto inerente proprio all'affidamento del servizio di gestione e del funzionamento del centro e avrebbero posto in essere "espedienti maliziosi e ingannevoli, idonei a far apparire l'esecuzione del contratto di appalto conforme agli obblighi assunti".
Durante la stipula del contratto con la Prefettura di Milano, avrebbero simulato la presenza di servizi che in realtà non sono mai stati prestati o che erano carenti. Avrebbero affermato che ci sarebbe stato un servizio di mediazione culturale ben organizzato con un "adeguato numero di mediatori linguistico culturali", ma in realtà non ci sarebbe stato o comunque sarebbe stato "gravemente deficitario".
Anche il presidio sanitario sarebbe stato non adeguato. Non sarebbero state nemmeno fornite prestazioni sanitarie specialistiche per mancanza di fondi: un uomo non ha potuto effettuare una gastroscopia perché "il gestore non pagava il ticket", un altro non avrebbe potuto effettuare una visita per il piede fratturato per "il rifiuto del gestore di pagare" e infine per un trattenuto con un importante mal di denti, il direttore del sanitario del centro avrebbe detto: "Ma ce li abbiamo i soldi per ricostruire i denti a questo ragazzo?".
Non ci sarebbero stati medicinali e sarebbero state trattenute persone con epilessia, epatite, tumore al cervello, gravi patologie psichiatriche, tossicodipendenti. "Largamente insufficiente" il servizio di ausilio psicologico e psichiatrico: il personale, infatti, non conosceva le lingue parlate dagli ospiti del Cpr. Come riportato nell'avviso di conclusione indagini: "A richiesta, inoltre, di come potesse fare colloqui psicologici con gli internati, la stessa ci ha detto che con le persone trattenute si capiva sulla base del feeling. Noi abbiamo chiesto anche se si avvalesse di mediatori culturali e lei ci ha risposto in senso negativo".
Il cibo, che sarebbe dovuto essere di produzione biologica, Dop, Igp e tradizionale, era "maleodorante, avariato, cibo scaduto". Il servizio di informativa legale sarebbe stato assente. Nonostante avesse assicurato che ci sarebbero state attività ricreative sociali, religiose gruppi di ascolto, momenti formativi, queste non ci sarebbero mai state. Così come era totalmente assente il servizio di pulizia e igiene ambientale.
Dalle indagini è inoltre emerso che quasi "la totalità dei dipendenti del Cpr hanno riferito di mancati pagamenti del Tfr, di parte della retribuzione nonché di pagamento dopo sessanta giorni". Molti contratti e convenzioni depositate, in realtà non sarebbero mai state stipulate.