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Negati i domiciliari a Renato Vallanzasca, l’ex moglie: “Quanto deve pagare ancora? Merita pietà”

A Renato Vallanzasca, ex boss della mala milanese in carcere da 52 anni, sono stati negati i domiciliari in una comunità. L’ex moglie scrive una lettera: “Quanto deve pagare ancora perché possa morire in pace? Ormai lo avete piegato per sempre”.
A cura di Giorgia Venturini
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"Rifiutare le misure alternative a Renato Vallanzasca significa non solo condannarlo al carcere a vita, cosa che già è avvenuta, e all'impossibilità di vivere uno stralcio di normalità, ma anche umiliare un uomo ormai ridotto all'ombra non di quello che era, ma di quello che tutti hanno pensato che fosse". A scrivere una lettera inviata all'Ansa è l'ex moglie dell'ex boss della Comasina degli anni '70 e '80 e in carcere da 52 anni dove sta scontando la condanna all'ergastolo.

L'ex moglie, Antonella D'Agostino, ha deciso di parlare dopo che a Vallanzasca è stato negata la detenzione domiciliare in una struttura di cura: "Quanto deve pagare ancora? Dopo 50 anni di carcere e una condizione di salute precaria, anzi peggio".

Come sta Renato Vallanzasca

A chiedere i domiciliari in una comunità erano stati gli avvocati difensori Corrado Limentani e Paolo Muzzi. Alla richiesta si era opposta la Procura: per il pubblico ministero la sua salute è ancora compatibile con il carcere. La difesa aveva depositato una documentazione medica di due neurologi che spiegano che Vallanzasca, condannato all'ergastolo, da almeno quattro anni soffre di un decadimento cognitivo. Poi alla fine era arrivata la decisione del Tribunale di sorveglianza che ha respinto la richiesta di differimento pena: i giudici hanno motivato la loro scelta riconoscendo sì il decadimento cognitivo e il lento e progressivo aggravamento del quadro clinico, ma hanno anche precisato che Vallanzasca, ormai 73enne, può essere curato in carcere.

La lettera della ex moglie

Nella lettera inviata all'Ansa l'ex moglie continua: "Ha vissuto otto anni in semilibertà e poi ai domiciliari senza fare niente di male. E quando portò via quelle mutande dal supermercato capii che nel suo cervello qualcosa aveva cominciato a non funzionare". E ancora:  "Da fuori ho sofferto ogni volta che ho visto quelle sue smargiassate che lo hanno reso il ‘Bel Renè' soprannome che ha sempre odiato ma siccome faceva figo se lo è tenuto".

Poi Antonella D'Agostino si rivolge ai giudici: "Quanto deve pagare ancora perché possa morire in pace? E sia chiaro non da uomo libero, ma affidato a una struttura. Ormai lo avete piegato per sempre. Dimentichiamo gli occhi azzurri e il suo fascino. È l'ombra di sé stesso. Una larva umana. Che forse merita un po' di pietà. A meno che 50 anni di carcere vi sembrino pochi".

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