‘Ndrangheta a Lecco, fermato il boss Cosimo Vallelonga: le riunioni della Locale nel suo negozio

Il tempo di scontare una condanna per 416 bis e, una volta di nuovo in libertà, è ritornato a essere l'uomo di spicco della locale di ‘ndrangheta di Lecco. Oggi martedì 9 febbraio il boss Cosimo Vallelonga, però, è finito di nuovo nel mirino della Squadra Mobile della polizia e della maxi operazione "Lockdown" contro il traffico di stupefacenti che alle prime ore dell'alba ha portato all'arresto di 160 persone in tutta Italia. Le indagini hanno infatti accertato che Vallelonga, già condannato dopo le operazione "La notte dei fiori di San Vito" della metà degli anni '90 e l'operazione "Infinito" del 2010, ha ripreso i contatti con altri boss tanto da ricevere all'interno del suo negozio "Arredo mania" di La Valletta Brianza altri esponenti delle ‘ndrangheta, per "dirimere controversie, concordare nuove strategie ed eludere i controlli dell'autorità giudiziaria". Nel suo negozio ospitava anche le trattative con imprenditori locali sia per l'erogazione di prestiti a tassi usurari sia per organizzare il reinvestimento dei proventi delle attività illecite nell'economia legale.
Vallelonga attivo nel mercato illegale dei rifiuti
Nel mirino dei finanzieri del Gico di Milano e della Direzione Distrettuale Antimafia del capoluogo lombardo sono finiti anche i fedelissimi di Vallelonga: Vincenzio Marchio, figlio di Pierino Marchio – condannato nell'operazione "Oversize" perché ritenuto uomo di punta della ‘ndrangheta a Lecco e della storica famiglia criminale lecchese Trovato -, e un altro ‘ndranghetista impegnato nell'attività di recupero crediti servendosi della violenza e di atti intimidatori. In tutto sarebbero una decina gli arrestati in provincia di Lecco: stando a quanto rilasciato dalla Procura di Milano, Vallelonga è riuscito a creare un'associazione attiva nel settore del commercio di metalli ferrosi e non ferrosi. Nel dettaglio, attraverso documenti falsi, è riuscito a movimentare 10mila tonnellate di rifiuti servendosi anche di più società fantasma dal valore di 7 milioni di euro. E ancora: il denaro ottenuto per gli acquisti in nero del ferro arrivava da conti correnti intestati a prestanome e prelevati quotidianamente da sportelli bancari e postali. In tre anni i prelievi hanno raggiunto la cifra totale di 7 milioni di euro. A lui sarebbe da ricondurre anche il famoso carico di rifiuti radioattivi, composto da 16 tonnellate di rame trinciato, proveniente da Bergamo e fermato dalla polizia di Brescia: il carico era stato posto sequestro nel maggio del 2018.
Episodi di usura nei confronti di 8 imprenditori
Ma nel business di Vallelonga non ci sarebbero solo i rifiuti. Tutti i proventi illeciti venivano riciclati in nuove attività imprenditoriali nel commercio di autovetture e nella ristorazione: locali impiegati per erogare abusivamente finanziamenti, anche a tassi di interessi usurai, per un ammontare superiore a un milione di euro. Le indagini infatti hanno accertato episodi di usura, dal valore circa di 750mila euro, nei confronti di almeno 8 persone, ovvero imprenditori lombardi intimiditi dalle minacce di morte e armi da fuoco del boss.