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Nato in Italia da genitori filippini non può andare in gita con i compagni: “Il suo passaporto non basta”

Clark ha 17 anni, è nato in Italia da genitori filippini e a fine febbraio sarebbe dovuto partire con la sua classe per andare in gita in Inghilterra. Purtroppo però non ci potrà andare perché non ha il visto: “Ho contattato il centro assistenza visti che però mi ha detto che ci vuole troppo tempo per rilasciarlo e che non sarebbe mai arrivato prima della partenza”, ha raccontato a Fanpage.it.
A cura di Ilaria Quattrone
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Immagine di repertorio
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Clark (nome di fantasia, n.d.r) ha 17 anni, è nato a Milano da genitori filippini e a fine febbraio la sua classe sarà impegnata in un viaggio d'istruzione in Inghilterra. Fin qui nulla di strano se non fosse che l'adolescente, con ogni probabilità, non potrà partecipare. Così come tanti altri ragazzi anche il diciassettenne, pur essendo nato in Italia, non ha la cittadinanza.

Per potersi spostare in Inghilterra quindi gli serve un visto, ma a causa di alcune lungaggini burocratiche dell'ambasciata con ogni probabilità non potrà ottenerlo in tempo. Se Clark avesse un passaporto italiano, come tutti i suoi compagni, questo problema non ci sarebbe. Invece non essendo cittadino italiano, pur essendo nato in Italia, deve necessariamente rivolgersi all'ambasciata inglese in Italia.

"Io ho un passaporto filippino, ma non ho il visto che è essenziale. Non appena la scuola ha comunicato che ci sarebbe stato un viaggio di istruzione, ho contattato l'ambasciata inglese – racconta a Fanpage.it – per chiedere informazioni. Mi hanno detto che serviva però avere la città esatta in cui saremmo andati e il periodo preciso. Dopo un po' di tempo, la scuola ci ha girato tutte le informazioni".

La risposta dell'ambasciata

E da quel momento inizia la trafila di telefonate e uffici: "Ho contattato il centro assistenza visti che però mi ha detto che serviva troppo tempo per rilasciarlo e che non sarebbe mai arrivato prima della partenza. Ho comunicato quanto mi è stato detto alla coordinatrice di classe che, a sua volta, mi ha indicato di andare in Questura a Milano. Sapevo già che non avrebbero potuto aiutarmi considerato che si occupano solo di passaporti, ma ho deciso di tentare".

"Loro, come immaginavo, mi hanno detto di andare all'ambasciata inglese che si trova in Duomo. A loro volta mi hanno rimandato agli uffici di viale Monza, dove si occupano di visti, e lì mi hanno ribadito che ci sarebbe voluto molto tempo. Ho fatto comunque domanda, ma probabilmente non partirò. E per questo motivo, sono molto dispiaciuto".

Certo, se lo Ius Scholae fosse arrivato a essere discusso in Parlamento, le storie come quelle di Clark sarebbero solo un lontano ricordo.

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