Il metodo è sempre lo stesso: manca il personale o, meglio, i soldi per assumerlo. E, invece di trovarli, magari andando a tagliare gli sprechi o gestendo in maniera efficace i fondi del Pnrr sanità, si mette una pezza con lavoratori precari o meno qualificati.
Così si fa da decenni nella giustizia, dove – mentre i giovani magistrati già vincitori di concorso attendono da anni di avere la loro destinazione e il corrispettivo stipendio (nel frattempo si girano i pollici facendo gli uditori giudiziari a tempo indeterminato) – si inventano nuove figure professionali, possibilmente precarie, a cui far smaltire i fascicoli. Prima erano soltanto i giudici di pace, poi i procuratori onorari e ora perfino gli uffici del processo.
La precarizzazione nella pubblica amministrazione
Un nome altisonante per non dire che si tratta di giovani laureati in giurisprudenza che, senza altro tipo di formazione, vengono sottopagati per portare avanti i fascicoli che i pochi magistrati, molto pagati, non riescono a portare a termine.
Così, se da un lato per diventare magistrato ci vogliono sempre più qualifiche (essere già avvocato oppure aver superato costosissimi percorsi di formazione), per gestire i processi è sufficiente una laurea. Un controsenso giustificato unicamente dal fatto di costare poco.
Sì, perché non essendo assunti a tempo indeterminato non rappresentano, almeno sulla carta, un costo fisso. Poco importa poi se, al pari di giudici di pace e procuratori onorari, finiranno per stare lì per decenni e alla fine costruiranno un costo probabilmente ancora più alto, tanto che sarebbe più conveniente assumere nuovi magistrati e risolvere il problema definitivamente.
La trovata del viceinfermiere in Lombardia
In Lombardia ora si è pensato di applicare la stessa logica alla sanità. Che manchino gli infermieri nelle strutture sanitarie, sia pubbliche che private, è ormai risaputo. I vari sindacati concordano sulla necessità di avere a disposizione almeno 9.500 unità.
La Regione minimizza e sostiene che ne basterebbero 600. La differenza, evidente, dipende soprattutto dal fatto che solo in Lombardia si usa ancora un vecchio calcolo di infermiere per numero di posti letto, decisamente superiore alla media europea.
Secondo le attuali dotazioni organiche, infatti, nel territorio basterebbe un infermiere ogni 10-12 posti letto, mentre ormai tutti gli studi internazionali concordano che il rapporto infermiere-paziente nelle degenze di base dovrebbe essere non superiore di 1 a 6.
Sta di fatto, comunque, che la stessa Regione ammette la carenza di personale. Ma la soluzione al problema anche in questo non è quella, più semplice, di assumere più infermieri.
L'assessora al Welfare, Letizia Moratti, ha preferito inventare la figura del viceinfermiere, ossia un operatore sociosanitario che assorbirà alcuni compiti dell'infermiere. Ma che, ovviamente, continuerà a essere inquadrato e pagato come un oss.
Certo il viceinfermiere farà un corso di 300 ore (neanche 40 giorni, se consideriamo 8 ore al giorno) per avere competenze più specifiche rispetto a quelle attualmente richieste a un oss. Ma nulla rispetto a quelle richieste a un vero infermiere, a maggior ragione da quando – nel 1990 – si è introdotta la necessità di una laurea triennale e una specialistica per poter accedere alla professione.
Già dobbiamo accontentarci del vicemedico
Quella del viceinfermiere, in realtà, è in ordine cronologico soltanto l'ultima trovata per mettere una toppa alla carenza di personale in Lombardia. L'assessora al Welfare, infatti, aveva già tirato fuori dal cilindro l'idea del vicemedico per far fronte alla carenza di medici di base.
Secondo le ultime stime ne mancano circa un migliaio: 969 per la precisione, di cui 275 solo nel territorio dell'Ats della città metropolitana di Milano, che comprende anche Lodi.
Anche in questo caso invece di reclutarne di nuovi o di capire perché non se ne trovano, la soluzione è quella di "promuovere" alcuni infermieri a vicemedici (c'è anche chi li chiama Superinfermerieri") che potranno sostituire il medico di base in sua assenza.
E così ci sarà un infermiere a curare l'influenza, a indirizzarci dallo specialista giusto e magari anche a prescriverci qualche farmaco o qualche visita specialista. E, in questo processo di "vicizzazione", è proprio la competenza a rimetterci. Tanto che risulta lecito chiedersi se non si tornerà a utilizzare i barbieri per gli interventi chirurgici. Ma tranquilli, solo quelli più semplici.