Narcotizzato e abbandonato in un parcheggio a morire, condannati in quattro: “Decesso inevitabile”
"Un decesso inevitabile": è quanto hanno scritto i giudici della Corte d'Assise del tribunale di Bergamo relativamente alla morte dell'imprenditore Angelo Bonomelli. Per il suo omicidio sono stati condannati in primo grado Matteo Gherardi, Omar Poretti, Jasmine Gervasoni e Rodolfo Ghilardi. I primi due sono stati condannati a 26 anni di carcere, gli ultimi due a 14 anni di carcere.
L'omicidio
L'80enne è stato ucciso l'8 novembre 2022: si sarebbe incontro con Matteo Gherardi al bar Sintony di Entratico (Bergamo). A Gherardi servivano soldi per ripagare un presunto prestito ottenuto da una persona. Da qui, l'idea di rapinare l'imprenditore e drogarlo. Per i giudici lui sarebbe la persona che avrebbe ideato il piano e coordinato le azioni del gruppo.
Gherardi avrebbe quindi chiamato la fidanzata Jasmine Gervasoni e le avrebbe detto di andare a prendere Poretti. Il padre avrebbe fatto da accompagnatore e accettato di eseguire quanto richiesto dal figlio. Sarebbe stato Poretti a versare il Rivoltril, un potente antipsicotico, nel caffé sorseggiato poi dall'anziano. L'80enne sarebbe quindi stato narcotizzato, rapinato dell'orologio e di 120 euro in contanti e lasciato in stato di incoscienza nella sua automobile. Il veicolo è stato ritrovato in un parcheggio di Entatico: "In un luogo appartato dove non poteva essere soccorso da terzi".
Le motivazioni della sentenza
Secondo i giudici Bonomelli sarebbe morto "per effetto dell’azione corale realizzata con il concorso di tutti gli imputati”. Poretti avrebbe poi aiutato l'amico a spostare l'80enne, ormai incosciente, sul sedile del lato guidatore.
Durante il processo, Gervasoni e il padre hanno affermato di non essere a conoscenza del fatto che l'imprenditore fosse stato drogato. Per i giudici però "hanno visto che stava male, ma hanno garantito la loro presenza e la loro disponibilità ad aiutare tutto il tempo, supportando gli altri due nel loro agire e seguendoli sino al parcheggio per assicurare loro un mezzo su cui scappare dalla scena del crimine, nonché fornendo a Gherardi Matteo il supporto morale di cui aveva bisogno per portare a termine l’azione delittuosa".
Non si sarebbero quindi tirati indietro pur "avendo la disponibilità di autonomo veicolo e potendosi, quindi, allontanare e non prendere parte alla seconda parte della rapina e al perfezionamento della condotta omicidiaria". E avrebbero deciso "consapevolmente di seguire i correi, partecipando a tutte le fasi del delitto e abbandonando coscientemente la vittima in uno stato di incoscienza, causato dall’intossicazione derivante dal sovradosaggio di Rivotril, in un parcheggio al buio per ore, così provocandone il decesso".
Per gli esperti, ascoltati in aula, Bonomelli poteva essere salvato. Sarebbe infatti bastata una lavanda gastrica o la somministrazione di carbone attivo per mantenerlo in vita. Per la Corte l'omicidio non sarebbe stato volontario, ma gli imputati avrebbero accettato l'ipotesi del dolo eventuale: tutti avrebbero avuto modo di rendersi conto che l'anziano stava male perché l'uomo si era accasciato a terra ed era poi stato trasportato di peso fino alla sua auto. Nonostante questo, lo avrebbero abbandonato per tante ore al buio e in un luogo freddo. Si sarebbero resi conto del pericolo, tanto da essere tornati sul posto per controllare le sue condizioni. I difensori dei quattro faranno ricorso contro la sentenza in Corte d'Appello.