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Mykola Ivasiuk morto dopo una rissa al bar, scarcerati i due uomini arrestati. Il 29enne: “Era mio amico”

La gip ha deciso di scarcerare i due uomini arrestati per la morte di Mykola Ivasiuk. Uno è un 29enne, che ha detto di essere rimasto accanto al suo amico e di aver chiamato i soccorsi, l’altro è un 46enne accusato di favoreggiamento.
A cura di Enrico Spaccini
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Mykola Ivasiuk (foto da Facebook)
Mykola Ivasiuk (foto da Facebook)

Sono stati scarcerati i due uomini arrestati dopo l'omicidio di Mikola Ivasiuk, morto davanti al ‘Rosy bar' di Casazza (in provincia di Bergamo) in seguito a una rissa. Lo ha deciso la gip Lucia Graziosi, che non ha convalidato l'arresto richiesto dalla Procura ritenendo le versioni dei due credibili. Continuano, invece, le ricerche del 32enne che avrebbe colpito il 37enne ucraino con un bicchiere in testa.

La versione dell'amico di Ivasiuk

I carabinieri avevano arrestato subito un 29enne, di origine calabrese e residente in zona, con l'accusa di omicidio preterintenzionale. Secondo la ricostruzione degli investigatori, durante la rissa aveva colpito Ivasiuk con un pugno in faccia. Il giovane, però, ha spiegato alla giudice di essere stato un grande amico del 37enne e di avergli dato solo uno schiaffo per calmarlo, perché era ubriaco e stava infastidendo gli altri clienti del bar.

In quel momento sarebbe arrivato un 32enne, di origini marocchine e senza fissa dimora, che ha rotto un bicchiere di vetro sulla nuca di Ivasiuk facendolo crollare a terra. Mentre questo scappava, il 29enne chiamava i soccorsi rimanendo accanto al suo amico ormai esanime.

L'accusa di favoreggiamento

Esce dal carcere anche il 46enne di Spinone accusato di favoreggiamento. Per i carabinieri, avrebbe aiutato il 32enne a scappare. Lui, però, ha raccontato alla giudice di aver prestato la macchina a quell'uomo alcuni giorni prima del 19 agosto e di aver ricevuto da lui, quella sera, un messaggio: "Non so se mi vedrai più".

I due racconti hanno convinto la giudice a scarcerarli, anche se per il secondo ha disposto l'obbligo di dimora nel comune di residenza. Resta ancora un mistero dove sia finito il 32enne ora unico accusato di omicidio.

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