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Muore in Questura a Milano dopo l’arresto: la Corte dei diritti dell’uomo condanna l’Italia

L’uomo è morto nel 2001 per un’overdose di cocaina nei locali della Questura di Milano poco dopo essere stato arrestato. Per la Cedu, le autorità hanno violato il diritto alla sua vita non fornendo adeguata protezione mentre era sotto la custodia dello Stato.
A cura di Sara Tirrito
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La Corte europea dei diritti dell'uomo a Strasburgo
La Corte europea dei diritti dell'uomo a Strasburgo

La Corte europea per i diritti dell'uomo (Cedu) di Strasburgo ha condannato l'Italia per violato il diritto alla vita di un uomo che, arrestato e portato nella Questura di Milano, è morto lì poche ore dopo. A ucciderlo, mentre era sotto la tutela dello Stato, sarebbe stata un'overdose di cocaina.

I fatti risalgono al 2001. I familiari dell'uomo, che nella sentenza è identificato tramite le iniziali C.C., avevano fatto causa al ministero dell'Interno per omissione di soccorso e omessa sorveglianza. La sentenza di primo grado del Tribunale di Milano aveva dato ragione alla famiglia, ma la decisione era stata ribaltata sia in appello che in Cassazione.

A quel punto,  la famiglia si è rivolta alla Cedu, che giovedì 14 settembre ha condannato lo Stato italiano a pagare 30mila euro di danni morali e 10mila di spese processuali ai parenti dell'uomo.

Com'è morto l'uomo fermato dalla polizia

Il 10 maggio 2001, nell'ambito di un'operazione antidroga, C.C. era stato arrestato nel suo appartamento insieme ad atre tre persone. Appariva in condizioni psicofisiche precarie, forse alterate dall'assunzione di stupefacenti.

Secondo quanto riportato nella sentenza, gli era stato consentito di riposare metà fuori e metà dentro un'auto della polizia e "aveva un liquido chiaro che gli gocciolava dalla bocca". Intorno alle 3.30 era stato ammanettato e portato in questura, oltre due ore dopo aveva chiesto di andare in bagno. Nella sentenza si legge che aveva iniziato a vomitare e si era accasciato. Secondo il rapporto della polizia, gli uscivano saliva dalla bocca e sangue dal naso.

Quando venne soccorso dall'ambulanza, intorno alle 6 del mattino, era in stato cianotico e poco dopo venne dichiarato morto. Nel 2003 un rapporto constatò che la causa del decesso era un'overdose di cocaina, assunta in un momento molto vicino alla sua morte. Per la Cedu, "il governo non ha dimostrato in modo convincente di avere offerto alla vittima di aver preso precauzioni come perquisizioni o assistenza medica mentre si trovava in questura". In particolare, "Non era chiaro – per i giudici – se C.C. fosse stato adeguatamente supervisionato"

Cosa dice la sentenza della Cedu

Pubblicata il 14 settembre 2023, la sentenza Cedu risponde a un ricorso presentato dalla famiglia della vittima il 23 dicembre 2011. Nella sua decisione, la corte ha ribadito che il diritto alla vita è una delle misure fondamentali della Convenzione dei diritti umani, e che le autorità erano obbligate a prendersi cura delle persone che avevano in custodia, tenendo conto della condizione di vulnerabilità.

I giudici hanno anche sottolineato che, nel caso di decessi avvenuti nel corso della detenzione, sono le autorità che devono fornire spiegazioni convincenti e soddisfacenti. La Corte ha quindi affermato che sebbene non ci siano elementi sufficienti a dimostrare che le autorità potessero prevedere il rischio reale che la vittima ingerisse una dose letale di cocaina, avevano il dovere di prendere le basilari precauzioni per ridurre al minimo la possibilità che la persona sotto la loro tutela mettesse in pericolo la propria salute.

Questo, secondo i giudici della Cedu, era necessario soprattutto per le condizioni in cui C.C. era stato arrestato: "Non stava bene e si trovava in uno stato di alterazione. La cocaina era stata sequestrata al momento dell'arresto e la polizia sapeva fosse tossicodipendente", si legge nella sentenza. Ciononostante, "Dopo l'arresto, l'uomo non ha mai ricevuto cure mediche e non risulta sia stato perquisito alla Questura di Milano".

La Corte ha concluso che "le autorità non hanno fornito a C.C. una protezione sufficiente e ragionevole della sua vita, in violazione della legge".

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