Mostro di Milano, l’attrice Agostina Belli: “Mia madre forse uccisa dal serial killer”
"Mia madre uccisa con la sua amica, indagate sul mostro di Milano". Maria Agostina Belli, nota al pubblico per essere una delle attrici di maggior successo della commedia italiana, è la figlia di una delle sette donne uccise a Milano tra gli anni Sessanta e Settanta. L'assassinio di sua mamma Adele Dossena, uccisa nel 1970 con sette coltellate nella pensione che gestiva vicino alla Stazione centrale, è uno dei sette delitti attribuiti al ‘Mostro di Milano'. Per ora, quella di collegare le sette uccisioni, è solo indagine sulla quale lavora il criminologo, Carlo Posa e il suo team, domani, invece, potrebbe diventare un orientamento d'indagine della Procura.
Agostina ha passato parte della sua vita a indagare per proprio conto sulla morte della madre. "Era separata da papà, io vivevo con lui. La trovarono in soggiorno due vicine di casa" ha raccontato in una intervista a Corriere.it, in cui ha rispolverato la sua storia – "un anno dopo sono entrata nella casa di mamma". "Abbiamo trovato tutto come lo avevano lasciato. C'era ancora il suo sangue rappreso sul pavimento. E la cosa brutta è che sul tavolo in cucina c'erano ancora due bicchieri, un cofanetto di caramelle ‘Sperlari' e una bottiglia di liquore. E nessuna di queste cose aveva sopra la polverina per le impronte digitali".
L'attrice è sempre stata convinta che sua madre avesse aperto la porta al proprio assassino e che per qualche motivo, non lo temesse. Non solo, l'ex stella del cinema ha anche maturato la convinzione che la casa, trovata in subbuglio, fosse solo una messa in scena per simulare una rapina. "C'erano sia l'orologio che la catenina d'oro. Non era uno che voleva rubare". L'omicidio di Adele Dossena fu archiviato, con grande dolore delle figlie, così Agostina continuò le indagini con un investigatore privato, per poi abbandonate anche quella strada. “Mi avvelenarono il cane, poi rubarono la macchina, quindi iniziarono le telefonate anonime. Voci camuffate".
"‘Smettila o farai la fine di tua mamma’ – ripetevano – Avevo paura, stavo da sola, indifesa. Ne parlai con la polizia che mi suggerì subito di lasciar perdere e di tenere addosso una pistola. Io allora presi il porto d’armi. Ma spaventata da quelle chiamate, ecco, la smisi con la ricerca della verità”. Oggi a cinquant'anni da quell'omicidio, c'è chi crede che l'assassinio dell'assassinio di Adele Dossena possa essere opera di un killer seriale attivo a Milano dall'inizio degli anni Sessanta. Comuni denominatori di queste morti sono infatti l'uso di un'arma da punto e taglio, il coltello (ma anche il cacciavite, la lima), il genere delle vittime (donne dai 20 ai 50 anni) la modalità e dell'aggressione (alle spalle, in una condizione di confidenza o intimità) e, infine, la collocazione sul territorio, una porzione della città meneghina che oggi il criminologo Posa sta ‘triangolando' con l'utilizzo di un software americano. A collegare i delitti ci sarebbe tuttavia un elemento ulteriore: secondo Agostina Belli, sua madre Adele e la vittima numero due, uccisa nel 1964, Elisabetta Casarotto, si conoscevano bene. Come l'attrice ha ammesso, nessuno ha mai indagato mettendo in relazione i delitti, tuttavia, secondo la 71enne sarebbe necessario andare avanti "quantomeno per spegnere ogni dubbio o, al contrario, partire dagli elementi scoperti e analizzarli nel rispetto delle vittime e dei loro famigliari".
Tra gli omicidi riferibili al ‘mostro' c'è anche il delitto della Cattolica, ovvero l'assassinio di Simonetta Ferrero avvenuto nei bagni dell'Università Cattolica del Sacro Cuore nell'estate del '71. La vittima, il cui cadavere venne trovato da un seminarista, oggi vescovo, venne aggredita con 33 coltellate, presumibilmente, proprio dove fu trovata.