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Moratti: “Medici di base lavorano meno degli ospedalieri”. La replica: “Parole superficiali”

Sabato 24 ottobre la vicepresidente di Regione Lombardia e assessora al Welfare Letizia Moratti ha attaccato i medici di base sostenendo che in realtà non vi sia una vera carenza, ma un problema di organizzazione: “Lavorano meno ore dei colleghi in ospedale”. Parole che hanno fatto insorgere il sindacato Fimmg, la cui presidente Paola Pedrini ha detto a Fanpage.it: “Sono parole superficiali di chi non conosce il nostro lavoro”.
A cura di Ilaria Quattrone
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Immagine di repertorio
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È bufera per le parole dell'assessora al Welfare e vicepresidente di Regione Lombardia, Maria Letizia Moratti che sabato scorso, in visita all'ospedale Papa Giovanni XXIII di Bergamo ha affermato che la carenza dei medici di base in realtà sia solo una percezione dovuta a una cattiva organizzazione del lavoro: "Il numero delle ore è profondamente diverso di chi lavora all'interno delle strutture sanitarie ospedaliere. Questo è quello che crea questa percezione di carenza che non è carenza data da numero, ma dall'organizzazione". Parole che hanno fatto insorgere la Federazione Italiana medici di medicina generale. La dottoressa Paola Pedrini, presidente della sezione lombarda, contattata da Fanpage.it ha definito le parole dell'assessore "Superficiali e di chi non conosce il nostro lavoro".

Dottoressa a cosa è dovuta la carenza di medici di base in Lombardia? 

Finché non si fa un investimento serio sul territorio, la medicina di famiglia sarà sempre poco attrattiva. Questa è una cosa che segnaliamo da tempo e nessuno ci ha mai risposto. Qualche aumento di borse di studio in medicina generale è stato fatto, ma i posti del concorso che è stato poi bandito non sono stati coperti completamente perché molti si spostano su altre specializzazioni, le cui borse di studio sono altrettanto aumentate. Fin quando non si investe, non si dà un sostegno vero al medico di famiglia, non lo si affianca con del personale amministrativo e infermieristico, lo si lascia lavorare da solo e senza strumenti – non c'è nessun investimento concreto sulla telemedicina – la carenza diverrà drammatica.

Quindi non basterà solo aumentare il personale per lasciare gli ambulatori aperti per più tempo?

Il problema è che c'è un errore di fondo: il medico di famiglia non lavora solo in ambulatorio, c'è un lavoro di back office, un lavoro amministrativo, ci sono le visite a domicilio dei pazienti fragili. Il lavoro del medico di famiglia non si limita alle ore di ambulatorio: già questo è un preconcetto sbagliato.

Queste affermazioni arrivano dopo che durante la crisi pandemica è stato esaltato il ruolo della medicina territoriale

Evidentemente si sono già dimenticati tutto. Perché queste informazioni vanno in senso opposto rispetto a quanto abbiamo fatto e arrivano nonostante il nostro impegno nella pandemia, nell'eseguire i tamponi, nel somministrare le vaccinazioni anti-covid e per l'impegno profuso nelle vaccinazioni influenzali. Anche l'anno scorso, nonostante tutte le criticità dovute a Regione, la medicina di famiglia è riuscita a vaccinare un ottimo numero di persone. E adesso stiamo per ripartire con la campagna vaccinale anti-influenzale sempre con problemi organizzativi e sempre di Regione, non dei medici di famiglia. E nonostante questo impegno, ci viene detto che lavoriamo poco. Queste sono affermazioni superficiali di chi non conosce il lavoro del medico di famiglia.

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