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Montascale di un palazzo comunale bloccato, consigliera con disabilità salta evento: “Sciatteria che viola i diritti”

La consigliera regionale Lisa Noja ha dovuto rinunciare a un evento lo scorso 7 aprile perché il montascale del palazzo comunale dove ha sede il Municipio 1 di Milano non ha funzionato come avrebbe dovuto. Intervistata da Fanpage.it, l’esponente di Italia Viva ha raccontato: “Mi è già capitato di trovarmi in situazioni, nel 2025 è intollerabile”.
A cura di Enrico Spaccini
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Lisa Noja (foto da Facebook)
Lisa Noja (foto da Facebook)

Lo scorso lunedì 7 aprile nella sala consiliare del Municipio 1 di Milano è andato in scena un incontro organizzato da Italia Viva in cui era presente il presidente di partito Matteo Renzi e alcune associazioni di categoria. All'evento avrebbe dovuto partecipare anche la consigliera regionale Lisa Noja, la quale però ha dovuto rinunciare perché il montascale installato all'ingresso di via Dogana, che le avrebbe permesso di superare diversi gradini anche se costretta su una carrozzina, non ha funzionato come avrebbe dovuto.

Il presidente di Municipio 1, Mattia Abdu, ha spiegato a Fanpage.it che i custodi del palazzo, "dove ci sono anche altri uffici comunali, non sono formati e non si prendono la responsabilità di intervenire in casi come questo". L'esponente del Pd ha aggiunto che "il montascsale si era bloccato e per più di 20 minuti chi era presente ha provato a sistemarlo. Alla fine è stato chiamato il tecnico, ma ormai la consigliera era andata via. Il problema è che non basta fare le cose a norma, serve una gestione pratica delle strumentazioni e la giusta formazione del personale affinché sia in grado di intervenire con tempestività nei problemi quotidiani".

Intervistata da Fanpage.it, Noja ha sottolineato come questo episodio che le è capitato e la recente polemica sollevata dal collega consigliere regionale Luca Paladini (Patto Civico) sulle pedane dei nuovi treni Malpensa Express siano "il chiaro esempio di come funzionano le cose nel nostro Paese: l'accessibilità non è una priorità della politica e in questo modo ogni giorno vengono violati i diritti fondamentali di oltre 3 milioni di persone".

Questo inconveniente si è presentato proprio in un palazzo gestito dal Comune di Milano, che dovrebbe prestare un'attenzione particolare all'accessibilità e all'inclusione dei cittadini. Secondo lei cosa dimostra?

È successo là, ma in realtà poteva accadere in qualunque palazzo pubblico di altre mille città italiane. La questione è più generale e riguarda come il nostro Paese affronta il tema dell'accessibilità, campo nel quale siamo ancora molto indietro. Mi è già capitato di trovarmi in situazioni come quella dell'altro giorno. Per questo ritengo che ci sia bisogno di una svolta radicale. Nel 2025 è una situazione intollerabile.

In questo caso, però, l'edificio era dotato di montascale, solo che non ha funzionato come avrebbe dovuto.

Spesso infatti ci si limita alla formalità. Si pensa che basti installare un ascensore o un montascale per rendere un luogo accessibile a tutti. Se poi però questi strumenti non funzionano, ci si mette mesi a ripararli e a quel punto si dà la colpa alla burocrazia. Secondo me manca la sensibilità e la cultura democratica, senza contare che quella sciatteria di fatto viola i diritti fondamentali di una persona che non riesce ad andare dove deve, come è successo a me, o non riesce a usare un mezzo pubblico.

Solo la scorsa settimana il suo collega in Consiglio regionale, Luca Paladini, aveva sollevato la questione dei nuovi treni Malpensa Express dove le pedane per consentire l'accesso alle persone in carrozzina presentano dislivelli importanti su numerose banchine. Che idea si è fatta della questione?

Il caso dei Malpensa Express è il chiaro esempio di come funzionano le cose nel nostro Paese. Vengono acquistati nuovi treni, ma nessuno si preoccupa di verificare che le pedane o le banchine siano adeguate. Per me è inconcepibile che non ci sia una procedura che impedisca di installare treni fatti in questo modo o che non inviti a mettere mano alle banchine prima che questi entrino in funzione. Le risposte, invece, sono: "Ce ne siamo resi conto ora, cerchiamo di provvedere", ma passeranno mesi.

Ci sono più di 3 milioni di cittadini italiani che hanno la loro libertà di movimento e i loro diritti fondamentali violati ogni giorni dell'anno. Molte persone raccontano di pedane che non funzionano nei luoghi pubblici, del fatto che non riescono a entrare nello studio del medico di base, che i figli non possono andare nella mensa scolastica insieme agli altri compagni. Siamo in una regione in cui i dati dicono che quasi il 50 per cento delle scuole non sono pienamente accessibili. Ci sentiamo ripetere che non ci sono i fondi, ma se compri da zero un treno che non è adeguato evidentemente non è un problema di soldi, ma di cultura.

Cosa possono fare i cittadini per dare un segnale alla politica e al modo di pensare della comunità? 

Credo che nel nostro Paese ci sia bisogno di un sussulto di coscienza civica. Non basta indignarsi di fronte a un caso singolo, ma bisogna prendere atto che l'accessibilità non è una priorità dichiarata della politica e attivare una vigilanza proattiva di tutta la cittadinanza. Se un locale pubblico non facesse entrare le persone discriminandole per l'orientamento sessuale o l'etnia, per esempio, io mi rifiuterei di entrarci. Una cosa simile dovrebbe accadere se il posto non è accessibile per tutti: non devono farsi sentire solo le persone che come me non possono entrare, ma anche tutti quelli che invece potrebbero ma decidono di non farlo più.

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