Infanticidio Pedrengo, “Monia insofferente verso il figlio”: la bugia per rimanere da sola con Mattia
Sui social si descriveva come una mamma amorevole, perfezionista. Una giovane donna innamorata dei figli Alice e Mattia, 4 e 2 mesi, morti a pochissima distanza l'uno dall'altro.
"Lui era tutto per me", scriveva infatti su Facebook Monia Bortolotti, 27enne di Pedrengo (Bergamo) arrestata per doppio infanticidio dopo la morte dell'ultimogenito.
Ma in ospedale a Bergamo, dove era stato ricoverato proprio il figlio Mattia, medici e infermieri si erano già accorti che qualcosa non quadrava. "È insofferente verso il bambino", la loro segnalazione. Una donna troppo distaccata, fredda, insensibile. "Era incapace di sopportare il pianto dei piccoli", sarà la spiegazione della Procura per il suo gesto.
Il ricovero del secondo figlio Mattia prima della morte
Il piccolo, a poche settimane di vita, è entrato al Pronto soccorso dopo aver rischiato di soffocare. La stessa sorte toccata alla sorellina Alice, deceduta un anno prima. E quella che, a breve, toccherà anche a lui. Due apparenti "morti in culla" che, a giudicare dall'autopsia sul corpo di Mattia, sono in realtà due omicidi, avvenuti a un anno di distanza l'uno dall'altro: il bimbo, come emergerà dagli accertamenti degli inquirenti, è morto in realtà per "inequivocabile asfissia da schiacciamento del torace".
"L'abbraccio mortale" della madre
Lo stesso "abbraccio mortale" a cui assiste proprio un'infermiera dell'ospedale Papa Giovanni XXIII di Bergamo, in un momento in cui mamma e piccolo rimangono da soli in stanza. "Così gli fa male", dice a Monia Bortolotti mentre le strappa il bambino, che piange disperato, dalle mani. Dopo quell'episodio, psichiatri e psicologi (che non diagnosticano però problemi psichici nella giovane) consigliano comunque ai familiari di non lasciare sola la giovane mamma.
La bugia raccontata al compagno Cristian
Detto fatto. Il compagno Cristian, 54 anni, cerca così di sorvegliare sempre la donna, che si trova in cura al Cps di zona: tutta la famiglia sa quanto sia difficile per la 27enne, che in passato ha compiuto gesti autolesionisti e ha un rapporto turbolento con la madre adottiva, gestire il neonato.
Ma il giorno della morte di Mattia, Monia resta da sola con il bimbo. Racconta al compagno, poco prima che si rechi al colorificio per lavorare, che sta arrivando un'amica per tenerle compagnia e accompagnarla al Cps. Lo rassicura, gli dice di non preoccuparsi. Di questa amica, però, non c'è traccia: nessun messaggio, nessuna telefonata. Poche ore dopo Mattia, due mesi, muore soffocato.