Molestie nelle agenzie pubblicitarie, il primo che ha denunciato: “Lo scandalo è solo all’inizio”
Nelle ultime settimane si sono moltiplicate le denunce di donne che hanno raccontato di aver subito molestie in alcune agenzie pubblicitarie a Milano (e non solo) da parte di capi e colleghi. Tra i primi a consentire che venisse aperto questo vaso di Pandora c'è Massimo Guastini, noto pubblicitario. A Fanpage.it racconta di un atteggiamento sistemico che riguarda diverse aziende e che è stato perpetrato per anni: donne vittime di violenze fisiche e psicologiche che, in alcuni casi, sono state oggetto di commenti sessisti in chat su Skype create da decine di colleghi uomini.
"Questa denuncia sta diventando corale ed è importante che parta e prenda corpo in un settore così avanzato, come quello della pubblicità, e in una città così moderna e progressista come Milano", precisa Guastini.
Cosa sta accadendo nel mondo della pubblicità?
Fin dall'inizio ho voluto rafforzare alcuni timidi tentativi di raccontare quanto accade in questo mondo. A mio parere è emblematico che nasca nel settore della pubblicità: il fatto che si verifichi in questo comparto e in una città così moderna come Milano, ci spinge a fare una riflessione che non può più essere rimandata: cosa capita nel resto d'Italia e quali orrori si consumano ogni giorno?
È importante, per me, che questa denuncia stia diventando corale. Potrebbe essere la dimostrazione che esistano ancora anti corpi culturali. E che ci siano in un Paese dove la scorsa settimana è stato celebrato il lutto nazionale per una persona che con i suoi palinsesti e il suo esempio personale nella relazione con il femminile è stato determinante nel portarci a quello che siamo oggi e al modo di raccontare e percepire le donne.
Io vorrei che questa non fosse un'apocalisse, ma un nuovo inizio che parte da Milano perché, oltre a essere una città progressista, ha il coraggio di far uscire queste cose. Nulla di tutto questo sarebbe stato possibile senza Monica Rossi (pseudonimo di un editor che ha pubblicato queste testimonianze sui social) che, attraverso la sua intervista, mi ha permesso di mettere in luce un'evidenza che erano anni che cercavo di denunciare.
Possiamo dire che è un atteggiamento sistemico che riguarda diverse agenzie?
Sì. È emerso che in una nota agenzia, We Are Social, ci fosse una chat denominata la "Chat degli 80" in cui oltre ottanta uomini condividevano e commentavano fotografie di colleghe. Nella giornata di oggi un ex membro di questa chat ha raccontato che messaggi venivano scambiati. E questo è accaduto in un'agenzia molto avanzata e nella Milano del ventunesimo secolo. Ma che cosa succede nel resto d'Italia?
La prima volta che mi sono trovato ad affrontare una cosa simile è stato nel 2011: una mia stagista mi ha raccontato di aver subito molestie da un noto direttore creativo. Lei ne ha voluto parlare oggi dopo ben dodici anni: so quanto le è costato e quanto coraggio le ha richiesto.
All'epoca mi ha fatto vedere una chat su Skype che era del tutto inopportuna già solo per l'orario in cui era iniziata e cioè tra le 22 e le 23 di sera dell'8 gennaio 2011. Non è normale che un uomo di cinquant'anni, pubblicitario e che si dà aria di un uomo autorevole, scriva a una ragazza di vent'anni che gli ha chiesto un consiglio sulla professione. E lo fa dopo averla tenuta chiusa in auto per due ore cercando di avere rapporti sessuali. All'epoca pensavo fosse un caso isolato.
Oggi, a distanza di 12 anni, arrivano testimonianze di altre donne che lavorano in altre agenzie famose e indicano nomi e cognomi di personaggi famosi. Tra questi c'è anche un uomo di grande potere nel mondo della comunicazione negli ultimi 25 anni.
Perché nessuna azienda ha mai voluto affrontare questa questione?
Probabilmente perché prima una donna non poteva uscire allo scoperto perché sarebbe stata travolta e isolata, magari denigrata da molti maschi che lo avrebbero fatto per lederne l’autorevolezza e la credibilità. Adesso tante donne lo hanno fatto con coraggio, facendo nomi e cognomi.
Sono consapevole che molte persone che lavorano nel mio ambiente mi criticheranno perché ritengono che sia stato indelicato e indiretto. In questi dodici anni però ho provato a esserlo, ma purtroppo mantenere tatto e delicatezza in situazioni simili rischia di somigliare alla connivenza.
In effetti tatto e delicatezza sono state utilizzate in due situazioni che avrebbero avuto come protagonista una delle persone oggi accusate delle molestie. Sembrerebbe che già anni fa sia stato allontanato con discrezione dalla migliore scuola di comunicazione. Il motivo sarebbero alcuni comportamenti illeciti che avrebbe avuto con una ragazza. Una cosa simile sarebbe avvenuta anche in un'università dove insegnava: anche in quell'occasione sarebbe stato allontanato con discrezione. In questo modo, però nessuno è messo a conoscenza di ciò che è accaduto.
Già nel 2017 decisi di parlarne con l'Art Directors Club Italiano: ho ancora i messaggi su whatsapp in cui chiedevo loro di far attenzione a questo soggetto. Anche perché esiste una sentenza, passata in giudicato, nella quale è stato sentenziato che maltrattava verbalmente e fisicamente la moglie. Nonostante poi sbandierasse campagne contro la violenza sulle donne.
Nonostante il mio monito, hanno deciso di invitarlo in un'importante occasione pubblica in cui i migliori direttori creativi d'Italia vedono i portfolio di giovani creativi. A mio parere, inserirlo in una rassegna simile ha contribuito ad alimentare la sua credibilità e autorevolezza: se viene proposto come esaminatore dei portfolio di giovani aspiranti pubblicitari, implicitamente si afferma che è idoneo a riconoscere il talento e moralmente a essere il mentore di qualcuno.
Perché nessuna azienda ha deciso di prendere le distanze da quanto emerso fino a questo momento?
L'art director club lo ha appena espulso: l'associazione professionale più prestigiosa d'Italia per quanto riguarda i profili creativi, ha pubblicato un comunicato stampa in cui afferma di averlo fatto all'unanimità. Probabilmente ha contribuito anche il fatto che la presidente sia una donna: si tratta infatti di Stefania Siani.
Alcune ragazze hanno raccontato di cene con clienti in cui venivano invitate le dipendenti ritenute più carine e sfruttate come fossero oggetti.
Sì, è una cosa raccapricciante. Parliamo di amministratori delegati di importanti agenzie che toccano donne che lavorano con loro. A mio parere è nei comportamenti quotidiani che possiamo superare attività simili. Milano sta scoperchiando il vaso di Pandora: se succede qui, succede ovunque.