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Milano, violentò 15enne in un parco: condannato a tre anni e quattro mesi di carcere

Nel 2017, una ragazzina di 15 anni è stata aggredita e violentata dietro un cespuglio del parco del Naviglio Martesana a Milano. Il responsabile, condannato a distanza di 36 mesi dai fatti a tre anni e quattro mesi di carcere per violenza sessuale, è un giovane di 23 anni, il quale durante il processo ha sostenuto che la giovane fosse consenziente. All’epoca dei fatti però anche i medici della Clinica Mangiagalli avevano riconosciuto i segni di violenza.
A cura di Ilaria Quattrone
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Foto di repertorio
Foto di repertorio

Si era offerto di accompagnarla in bagno e poi, dopo averle suggerito di nascondersi dietro un cespuglio, le si era gettato addosso, violentandola. Quella notte del 2017 sarebbe dovuta essere una tranquilla serata tra amici, ma per una ragazza – allora 15enne – si è trasformata in tragedia. Il suo violentatore, 36 mesi dopo, è stato condannato a tre anni e quattro mesi di carcere. 

La accompagna in bagno e la violenta dietro un cespuglio

Stando a quanto riportato dal giornale "Il Giorno", il responsabile del gesto – un ragazzo di 20 anni, oggi 23enne – aveva conosciuto la ragazzina solo nel pomeriggio. I due aveva trascorso la giornata a bere e fumare nel parco del Naviglio Martesana, a Milano, insieme a un gruppetto di amici. Poi la 15enne aveva chiesto alle sue amiche di accompagnarla in un bar perché aveva bisogno di andare in bagno, ma nessuna di loro l'avrebbe fatto. Così si era offerto proprio il 20enne che, una volta incamminatisi, le avrebbe suggerito di fermarsi dietro un cespuglio, al riparo da occhi indiscreti, senza raggiunge il wc più vicino. Dopo aver accettato il suo consiglio, la giovane si era accucciata dietro le siepe e, appena rialzatasi, con ancora gli slip abbassati, è stata aggredita dal giovane e violentata. La 15enne non è riuscita a fermarlo e, una volta concluso l'abuso, ha trovato tutti i vestiti sporchi di sangue.

La visita alla clinica Mangiagalli

Dopo aver dormito a casa di un'amica, la ragazza è tornata a casa e ha raccontato tutto alla madre. La donna ha così deciso di accompagnarla dai carabinieri per sporgere denuncia. Subito dopo, è stata portata alla clinica Mangiagalli dove i medici hanno riconosciuto i segni della violenza subita. Da lì il via alle indagini e il processo. E nonostante la difesa del ragazzo ha sostenuto che la giovane fosse consenziente, la presidente del Tribunale Elisabetta Canevini – pur riconoscendo le attenuanti generiche per l'età e l'incensuratezza – lo ha condannato a tre anni e quattro mesi di reclusione.

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