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Milano, vandali contro la targa di Lea Garofalo, la testimone di giustizia uccisa dalla ‘ndrangheta

A Milano parte della targa dedicata a Lea Garofalo, la testimone di giustizia uccisa dalla ‘ndrangheta, è stata bruciata. A denunciare quanto accaduto è stata l’associazione Libera: “Un ennesimo sfregio alla memoria di una donna come Lea, e di tutte le donne che si battono contro le violenze”. La targa è posizionata su una panchina rossa, il simbolo della lotta contro la violenza sulle donne.
A cura di Giorgia Venturini
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Bruciata una parte della targa in ricordo alla testimone di giustizia Lea Garofalo, uccisa dalla ‘ndrangheta il 24 novembre del 2009 a Milano per mano dell’ex compagno Carlo Cosco. I cittadini del municipio 8 si sono trovati davanti a un atto vandalico sulla targa posizionata in piazza Prealpi, dove Lea Garofalo è stata uccisa. A denunciare quanto accaduto è stata l'associazione Libera, il presidio milanese proprio intitolato alla testimone di giustizia: "Un ennesimo sfregio alla memoria di una donna come Lea, e di tutte le donne che si battono contro le violenze". La targa infatti si trova su una panchina rossa, simbolo della lotta contro la violenza sulle donne. "Se pensano di scoraggiarci – continuano i volontari dell'associazione che da anni si batte contro le mafie – si sbagliano propio. Ne metteremo presto una nuova. E lo faremo ogni volta che servirà". Per ora gli autori del gesto sono ancora sconosciuti.

Lea Garofalo uccisa a Milano il 24 novembre del 2009

Lea Garofalo è una delle donne che per amore dei figli hanno testimoniato contro l'ambiente in cui sono cresciute: è il 2002 quando entra nel programma di protezione insieme alla figlia Denise, avuta con l'ex compagno Carlo Cosco. Si rivolge ai magistrati e racconta tutto: dal giro di spaccio di sostanze stupefacenti gestito dai Cosco fino alla faida interna tra questi e la sua famiglia che ha portato alla morte del fratello Floriano Garofalo nel 2005. Lea lascia Petilia Policastro, suo paese natale in provincia di Crotone, ed entra nel programma di protezione. Vive con la figlia a Campobasso fino all'aprile del 2009 quando decide di riallacciare i rapporti con la famiglia. Il 24 novembre a Milano viene attirata in un agguato dall'ex compagno che l'avvicina con la scusa di parlare della figlia. Le telecamere di sorveglianza della zona la riprendono per l'ultima volta camminare per Milano: il corpo di Lea viene portato dai suoi assassini a Monza e dato alle fiamme per tre giorni. La sera dell'omicidio è stata Denise a denunciare la scomparsa della madre e a rivelare agli inquirenti che si trattava di omicidio. Poco dopo tra gli arrestati e i condannati per l'omicidio c'è Carlo Cosco.

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