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Milano, ospedale in Fiera verso la riapertura: “Ma resta il problema dell’assenza di altri reparti”

L’escalation di casi e ricoveri a causa del Coronavirus a Milano e in Lombardia riporta al centro dell’attenzione l’ospedale allestito alla Fiera di Milano, fortemente voluto dalla Regione ma criticato per via dei costi e dei pochi pazienti ospitati finora. L’avvocato che per conto del sindacato Adl Cobas ha presentato un esposto in procura, Enzo Barbarisi, spiega a Fanpage.it: “L’eventuale ricovero di pazienti Covid non risolverà il problema di fondo della struttura: essere di fatto un reparto isolato, che avrebbe dovuto sorgere in un altro contesto. Se un paziente ricoverato in Fiera avrà qualche complicazione cosa si farà, lo si trasferirà altrove?”
A cura di Francesco Loiacono
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L'ospedale allestito nei padiglioni di Fiera Milano al Portello potrebbe presto riaprire e tornare a ospitare pazienti Covid-19. Non accadeva dai primi di giugno, quando gli ultimi dei pochi pazienti che sono transitati da quella che Guido Bertolaso ha definito "un'astronave" sono stati dimessi. La struttura, fortemente voluta dalla Regione e inaugurata, tra molte critiche, alla fine di marzo, a causa della rapida escalation di contagi e ricoveri in Lombardia (e soprattutto a Milano) potrebbe finalmente trovare la sua ragione d'essere: una "scialuppa di salvataggio", come l'aveva definita il responsabile dell'Unità di crisi delle terapie intensive in Lombardia Antonio Pesenti (primario al Policlinico), costata però oltre 17 milioni di euro di soldi donati da privati cittadini.

Se da un lato il Policlinico – che ha avuto in gestione in comodato d'uso gratuito la struttura da Fondazione Fiera Milano – assicura che i primi 54 posti sono già pronti, e che a seconda dell'evoluzione dello scenario pandemico potrebbero esserne pronti altri 104 e poi, a tendere, altri 63 (in totale i posti letto rendicontati nel primo bilancio pubblicato sul sito dell'ospedale sono 221), dall'altro c'è chi sottolinea come l'eventuale arrivo dei pazienti non cancellerà i problemi di fondo legati all'ospedale. "Il problema alla base è che una struttura del genere la si doveva allestire dove c'erano già altre specialità", spiega a Fanpage.it Enzo Barbarisi, neo consigliere comunale dei Verdi a Cologno Monzese nonché l'avvocato che, per conto del sindacato Adl Cobas, ha depositato lo scorso maggio un esposto in procura proprio sull'ospedale in Fiera. "All'epoca c'era anche l'aggravante legata alla tempistica di una simile operazione, che secondo noi si sarebbe potuta fare con tempi molto più rapidi all'ospedale di Legnano (al centro di una querelle con l'assessore al Welfare Giulio Gallera, ndr). In ogni caso non è che adesso, col ritorno del Covid, l'ospedale risolverà di colpo il suo problema di fondo: essere di fatto un reparto isolato, che avrebbe dovuto essere creato in un altro contesto".

Se un paziente avrà delle complicazioni lo si dovrò trasferire?

Quanto dichiarato da Barbarisi è condiviso anche da molti medici. Su tutti il cardiologo Giuseppe Bruschi, dirigente medico del Niguarda, che ad aprile aveva parlato della struttura definendola uno "pseudo ospedale" e dicendo: "L’idea di realizzare una terapia intensiva in fiera non sta né in cielo ne in terra. Una terapia intensiva non può vivere separata da tutto il resto dell’Ospedale. Una terapia intensiva funziona solo se integrata con tutte le altre Strutture Complesse che costituiscono la fitta ragnatela di un Ospedale (dai laboratori alla radiologia, della farmacia agli approvvigionamenti, della microbiologia all’anatomia patologica); perché i pazienti ricoverati in terapia intensiva necessitano della continua valutazione integrata di diverse figure professionali, non solo degli infermieri e dei rianimatori ma degli infettivologi, dei neurologici dei cardiologi, dei nefrologi e perfino dei chirurghi… Quindi per vivere una terapia intensiva ha bisogno di persone, di professionisti integrati nella loro attività quotidiana mutli-disciplinare". Barbarisi riprende il concetto: "Se un paziente ricoverato in Fiera avrà qualche complicazione cosa si farà? Lo si trasferirà altrove, oppure si sposteranno in Fiera degli specialisti? Ma se i mancano i macchinari necessari, come si farà ad assicurare l'assistenza ai pazienti?".

Sono domande che rischiano di diventare d'attualità già nei prossimi giorni, quando e se (ma purtroppo le curve del contagio e dei ricoveri indicano l'eventualità come molto plausibile) i pazienti più gravi affetti dal Covid non troveranno più spazio nei 18 ospedali hub della Lombardia, dove in totale sono stati previsti dal piano regionale 150 posti di terapia intensiva, e dovranno essere ricoverati nei due padiglioni al Portello. Fino a pochi giorni fa i cancelli che custodiscono i preziosi macchinari (ventilatori polmonari e altre apparecchiature) erano chiusi: "Non abbiamo ragione di ritenere che l'ospedale sia stato tenuto male durante questi mesi di chiusura – spiega Barbarisi – tanto più perché essendoci un'inchiesta in corso, e anche alla luce della considerazione che con un alto grado di probabilità la pandemia avrebbe ripreso il suo corso dopo l'estate, non sarebbe stato il caso lasciare che le strumentazioni si deteriorassero. Probabilmente avranno pagato per un servizio di guardiania onde evitare furti o danneggiamenti di attrezzature di alta qualità, ma questo dimostra ancora una volta l'errore alla base del progetto".

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