“Milano non valorizza, non motiva”: la storia di un giovane che prova a sopravvivere al carovita
Riceviamo e pubblichiamo la lettera di un giovane lettore di Fanpage.it. Un ragazzo di 22 anni che si è trasferito a Milano (non sappiamo da dove) e che racconta le difficoltà che incontrano migliaia di giovani in una città che offre ancora importanti opportunità professionali ma risulta sempre più difficile da vivere e, pertanto, "respingente". La pubblichiamo per il suo valore come cruda testimonianza di una situazione complessa e diffusa.
Sono ormai 3 anni (dai miei 19 ai 22 anni) che sono a Milano e la situazione non è mai stata rosea, anzi, anche solo sperare di trovare, due mesi prima dell’effettiva partenza, un biglietto per tornar a casa a 200 euro era un lusso.
Milano non valorizza, non motiva e non dà stimoli. Suppongo che la visione che hanno gli altri di di noi, nuovi lavoratori, sia improntata allo sfruttamento mascherato come "formazione" o – come mi è stato detto ormai alla nausea – "gavetta". Oltre allo stampo fortemente retrogrado e vomitevole del termine stesso, questa cosa unita ad altre tante motivazioni, mi stanno facendo scappare.
Fra queste motivazioni c'è non riuscire a mettere più nulla da parte, spendere seicento euro per trentadue metri quadrati di appartamento, a Sesto San Giovanni (neanche a Milano), dover fare i conti con prezzi assurdi per tornare dai propri parenti a casa, ma sopratutto la consapevolezza di non poter girare tranquillamente per le strade da solo (figurati con un’ipotetica partner).
Sopravvivere (e non è un termine usato a cuor leggero) in questa città con l’incertezza di non poter garantirmi nulla da qui ai prossimi 10 anni, mi ha solo fatto disprezzare questa realtà cercando di scappare il prima possibile, ripiegando su una vita più semplice e meno ambiziosa, ma che nonostante tutto, quanto meno, porta con sé l’affetto molto vicino dei miei cari.
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