Milano, nei primi sei mesi del 2021 in 971 chiedono aiuto ai centri antiviolenza: “Noi sempre attivi”
Oggi, giovedì 25 novembre, si celebra la Giornata internazionale per l'eliminazione della violenza contro le donne. Un fenomeno che non è diminuito con il lockdown e che anche in una città come Milano, dove esiste una poderosa rete di assistenza, non sembra destinato a scemare. La rete antiviolenza del Comune di Milano conta nove centri antiviolenza e altrettante case rifugio, che offrono ascolto, assistenza sanitaria, legale, consulenza psicologica o psichiatrica, facilitando in molti casi la presa in carico da parte dei servizi sociali. L'assistenza sul territorio può contare su realtà storiche, che hanno compiuto vent'anni di attività di contrasto alla violenza sulle donne, come Cerchi d'acqua, la cooperativa sociale che, come tutti i centri antiviolenza del circuito "Di.Re donne in rete contro la violenza" non si sono mai fermati, nemmeno in pandemia, quando una condizione già precaria di maltrattamento poteva diventare un vero e proprio calvario per chi quotidianamente subisce violenza verbale, fisica e psicologica.
Il racconto dei centri antiviolenza durante la pandemia: le richieste d'aiuto nei pochi momenti di libertà
Lo racconta a Fanpage.it Nora, responsabile dell'accoglienza della sede milanese della cooperativa: "L'isolamento fa parte del maltrattamento, pensiamo che cosa voglia dire quando questo isolamento diventa una necessità sanitaria… Noi non abbiamo mai chiuso, abbiamo semplicemente traslato la nostra attività con degli strumenti che potevano aiutarci ad accoglierle. Fisicamente era difficile incontrarsi ma il centro non ha mai chiuso, e con una campagna molto importante abbiamo fatto passare il messaggio che i centri erano sempre attivi". Un messaggio di speranza per chi cercava ogni piccolo momento di libertà per poter portare avanti il proprio percorso di rinascita o chiedere aiuto: "Le donne che ci hanno chiesto aiuto infatti a livello numerico sono state più o meno le stesse degli altri anni – ha aggiunto – le richieste d'aiuto però arrivavano nei modi più fantasiosi: c'era chi ci chiamava mentre andava a buttare la spazzatura o mentre andava in bagno o in macchina per andare a fare la spesa al supermercato. Anche chi era già seguito da noi, magari con un percorso psicologico, aveva delle difficoltà a rimanere sola perché ad esempio aveva i bambini a casa ma abbiamo sempre trovato delle strategie". Dover affrontare una pandemia rinchiusa nelle mura domestiche con chi tutti i giorni ti maltratta ha accelerato, in alcuni casi, il percorso di consapevolezza delle donne che stavano subendo violenza: "Se alcune donne cominciavano ad avere dei dubbi rispetto a una situazione col partner, in un momento di forte tensione come il lockdown per alcune è stata ‘l'occasione' per rendersi conto di alcune dinamiche. Spesso in casa si passava poco tempo e ci si è rese conto con la pandemia che qualcosa non andava". Il riconoscimento di quanto anche una telefonata in un momento di bisogna possa fare la differenza, i volontari di Cerchi d'Acqua l'hanno avuta quando per il 2020-2021 hanno somministrato a un campione di 100 donne un questionario dove si chiedeva se si fossero sentite sostenute in questo periodo del lockdown: "Siamo rimaste colpite dai risultati molto positivi che non ci aspettavamo – ha detto Nora – abbiamo deciso di farne un documento che presenteremo a breve. Chat, messaggi, telefonate ed e-mail sono stati tutti strumenti che loro hanno apprezzato e non le hanno fatte sentire sole".
Sole e isolate: così chi maltratta le donne le rende dipendenti e fragili
Non viene forse ripetuto abbastanza che chi decide di spezzare le catene della violenza ha bisogno prima di tutto di un aiuto economico: "Non avere una propria indipendenza economica è qualcosa che lega la donna al maltrattante e rende ancora più difficile uscire dalla spirale di violenza che sta vivendo. Cerchiamo di indirizzare le donne sulle risorse della rete, ma anche sulle sue risorse, su quelle che autonomamente può attivare". Spesso le donne sono infatti isolate proprio dal loro maltrattante: "Questo fa sì che abbia pieno potere sulla donna – ha aggiunto Nora – quello che cerchiamo, un po' per volta, è cercare di aiutare la donna a ritrovare le forze per fronteggiare la sua situazione. La rete amicale e familiare è fondamentale così come quella territoriale di servizi di sostegno nei casi più gravi". Il sottile lavoro di chi maltratta e porta avanti ogni giorno comportamenti violenti nei confronti delle donne consiste anche nel far credere che nessuno possa davvero aiutarle: "Fanno credere che chi è intorno non sia in grado di aiutarti davvero, che lui è l'unica persona che davvero ci tiene e fa il tuo bene – ha spiegato Nora – Questo fa sì che anche chiedere aiuto all'esterno sia sempre più difficile". Quando viene evidenziato il bisogno di trovare una casa per se stesse e per i propri bimbi, se si è madri, i centri antiviolenza come Cerchi d'acqua fungono da ponte con la rete sul territorio analizzando il singolo caso, per capire se sia necessario o meno ricorrere a una casa rifugio, una struttura protetta dove la donna può sentirsi al sicuro, lontano dal suo aguzzino. Possono anche aiutare nelle pratiche per una soluzione abitativa, indicando a chi rivolgersi. A novembre 2021, anche se l'anno non è ancora concluso per fare una stima totale, Cerchi d'Acqua ha aiutato tra le 450 e le 500 donne, circa il 10-15% erano donne che già stavano portando avanti dei percorsi con la cooperativa ma in tutti gli altri casi si tratta di nuove richieste d'aiuto arrivate nel 2021.
I dati delle rete antiviolenza del Comune
Nel primo semestre di quest'anno sono 971 le donne che si sono rivolte alle strutture convenzionate, 50 di loro hanno concordato un percorso di accoglienza nelle nove case rifugio cittadine. Un fenomeno trasversale che non guarda in faccia l'età o l'estrazione sociale. La maggior parte delle donne che hanno chiesto aiuto hanno un’età compresa tra i 18 e i 39 anni, ma il numero è significativamente alto anche nella fascia tra i 45 e i 54 anni (circa 330). Le vittime sono nel 64% dei casi italiane e quasi sempre la violenza subita è di tipo psicologico (oltre 800) o fisico (oltre 650), anche se non mancano i casi di violenza di tipo economico (oltre 210), sessuale (oltre 230) e stalking (210) e molto spesso si sovrappongono e coesistono diversi tipi di soprusi. Il 59% delle donne aiutate ha figli – spesso minori – che quindi, quasi sempre, hanno assistito alla violenza nei confronti della madre. Nel 74% dei casi gli ‘aguzzini’ sono mariti, ex mariti, conviventi o ex conviventi, partner o ex partner.
Non solo donne ma anche minori: la Lombardia ha il triste primato per numero di minori vittime di violenza
Non ci sono solo le violenze contro le donne ma anche quelle contro i minori, le giovani donne, le figlie di genitori violenti. I dati elaborati da Terre des Hommes dal Servizio Analisi Criminale della Direzione Centrale Polizia Criminale parlano di un 65% dei minori vittime di reato che sono femmine, in numeri assoluti si tratta di 3.762 bambine e ragazze che hanno subito maltrattamenti e violenze nel 2020. La Lombardia si conferma come la prima regione d’Italia per numero di minori vittime di reato: 963 nel 2020, il 62% di sesso femminile. Nella regione sono bambine e ragazze il 90% delle vittime di violenza sessuale e violenza sessuale aggravata. Terre des Hommes per la protezione delle ragazze ha creato due Spazi indifesa dedicati all’ascolto, alla protezione e alla riattivazione delle risorse di donne e ragazze vittime, o a rischio di violenza, fisica, psicologica ed economica, uno a Parma e l'altro inaugurato lo scorso settembre a Milano. Lo stabile, situato nel quartiere Gallaratese, è stato assegnato dal Comune in gestione a Terre des Hommes, inserito nel sistema degli Hub di quartiere contro lo spreco alimentare: "Abbiamo unito l'aiuto all’emergenza alimentare, esplosa durante la pandemia nel 2020, a quello che riguarda le diverse fragilità che possono riguardare le famiglie in generale, con particolare riferimento a persone con bambini piccoli – ha raccontato a Fanpage.it Federica Giannotta di Terres des Hommes – nel caso ad esempio di mamme sole creiamo dei veri e propri programmi di sostegno che permettono loro di portare avanti un percorso di autonomia".