Milano, Messa da Requiem in Duomo per i morti Covid con Mattarella. Sala: “Pronti a nuova normalità”
“Da un lato lo strazio della perdita, dall'altro la volontà comune di segnare una nuova strada per la nostra comunità. La Messa di Requiem in Duomo è la dimostrazione che Milano è una città pronta a partecipare alla costruzione nella nuova normalità”. Così il sindaco di Milano, Giuseppe Sala, ha spiegato il senso della Messa di Requiem di Verdi eseguita dal coro e dell'orchestra del Teatro La Scala nella cattedrale della città, alla presenza del Presidente della Repubblica Sergio Mattarella, e dell'arcivescovo Mario Delpini, e delle più alte autorità, per ricordare i morti di Coronavirus. Presenti, tra gli altri, il governatore Attilio Fontana, il senatore Mario Monti e gli artisti Carla Fracci e Roberto Bolle. Orchestra diretta da Riccardo Chailly, con Krassimira Stoyanova, Elīna Garanča, Francesco Meli e René Pape.
Il sindaco Sala: “La tecnologia non ci ha riparati dal Covid”
“Eravamo convinti – ha detto il sindaco Beppe Sala – a torto, che lo schermo della tecnologia e del progresso scientifico ci avessero messo definitivamente al riparo dal pericolo di una pandemia. Ed è proprio per questa illusione che il nostro mondo si è trovato così impreparato di fronte a questo virus, che rappresenta l'ennesimo avvertimento che la Natura ci invia per ricordarci l'obbligo morale di scelte più rispettose della vita e dei suoi valori. E che fa riconoscere nei fatti e non solo a parole, la salute come bene comune e più prezioso delle nostre vite. Si fa un gran parlare in queste settimane dei nuovi modelli sui quali va riorganizzata la vita delle città, e qualcuno ci spinge anche a mettere in dubbio l'appropriatezza della convivenza urbana per il nostro prossimo futuro, questione con cui si sta ragionando insieme alle altre metropoli. Ma c'è un elemento di cui Milano non si priverà, né oggi né mai: la sua volontà di essere un luogo in cui ogni donna e ogni uomo possano essere aiutati a trovare dignità e opportunità”.
“Milano – ha aggiunto l'arcivescovo Mario Delpini – presenta questa sera le sue ferite. Questa terra porta qui stasera le sue ferite, i suoi troppi morti, i troppi malati", ma anche "le umiliazioni dell'impotenza. Le ferite di questa terra sono anche le umiliazioni dell'impotenza, mentre c'era una certa presunzione di onnipotenza; anche gli smarrimenti dei pensieri, degli scienziati, dei maestri, mentre c'era una certa abitudine a ritenere di avere soluzioni per tutto e per tutti”.