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Milano, l’allarme dell’ospedale San Giuseppe: “Pazienti intubati in pronto soccorso per ore, reparti pieni”

Gli ospedali milanesi continuano ad essere vicini al collasso. L’ultima testimonianza in merito arriva dal direttore del pronto soccorso del San Giuseppe di Milano, Marco Bordonali: “Mancano posti letto. Siamo stati costretti a intubare pazienti sulle barelle anche per 30 ore – ha detto all’agenzia Agi -. Mentre abbiamo tenuto un malato con il casco dell’ossigeno per sei giorni”.
A cura di Giorgia Venturini
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"Stiamo vivendo una seconda ondata peggiore della prima. Abbiamo tenuto in pronto soccorso una trentina di pazienti per più giorni: uno è stato intubato per 30 ore e un altro con il casco per sei giorni". Così Marco Bordonali, direttore del pronto soccorso dell'ospedale San Giuseppe di Milano, racconta all'agenzia Agi la triste realtà della pandemia di Coronavirus nel capoluogo lombardo. A preoccupare il direttore sono soprattutto le carenze di strutture sul territorio e, dunque, le lunghe liste di attesa dei pazienti in via di guarigione in attesa di essere trasferiti in centri dedicati alla non emergenza lasciando così liberi i posti letto: "Abbiamo deciso di andare sul portale della Regione per capire quali strutture potevano accogliere i nostri pazienti sub-acuti, ovvero malati ormai quasi guariti che necessitano però ancora un periodo di convalescenza. Ci siamo trovati davanti a una lista molto lunga: i posti disponibili erano solo 131 a fronte di 3.073 richieste. Facendoci intendere i lunghi tempi di attesa, intanto però i pazienti restano in reparto".

In ospedale sia pazienti "puliti" che pazienti positivi

Per il direttore Bordonali nei cinque mesi tra un'ondata e un'altra si poteva fare di più: "Ci sono dei paradossi se pensiamo alla scorsa primavera e a oggi. La prima ondata così violenta ha colto tutti impreparati ma ha avuto il vantaggio di beneficiare di ospedali dedicati. Questo vuol dire che per ogni paziente in tempi brevi si riusciva ad avere un letto". Cosa che invece non succede più: "Ora gli ospedali devono fare i conti con pazienti puliti e pazienti positivi il che vuol dire che non c'è posto per tutti e i malati restano in pronto soccorso forse il luogo meno adatto: qui restano sulla barella, non hanno la terapia e l'assistenza che possono avere in un reparto. E la situazione peggiora se si tratta di anziani".

In campo anche gli esperti dell'emergenza

Bordonali poi suggerisce alcune soluzioni, ma prima ancora chiarisce che Milano non può essere zona arancione: "Sarebbe un’assurdità. Se molliamo ora ci aspettano tempi davvero difficili". Infine il direttore precisa: "In vista di questa seconda ondata si potevano si potevano gestire le patologie no Covid in strutture che accogliessero anche i pazienti di Milano, come per esempio il San Gerardo di Monza. Milano avrebbe richiesto anche degli ospedali da campo con tanto di piano strategico. Per questo dovevano essere coinvolti esperti dell'emergenza fin da subito, come Gino Strada".

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