Sono state la folla e le lunghe code a caratterizzare la prima giornata di zona gialla per la Lombardia, quella che ha segnato la fine delle restrizioni più rigide, la riapertura al pubblico di bar e ristoranti, il via agli spostamenti tra i comuni ma soprattutto la voglia di libertà. È una Milano che sente la necessità di ripartire e di dimenticare la pandemia, una città abituata alle luci di Natale che accolgono i turisti e fanno sentire a casa i milanesi che hanno così affollato le strade del centro e le vie dello shopping in una domenica che voleva essere una domenica qualunque.
Piazza Duomo gremita, la folla che cresce e le immagini che iniziano a circolare sui social tra l'indignazione di chi si chiede se ci sia bisogno di quegli assembramenti in vista di un Natale che sa poco di Natale. Intanto in un'altra zona della città, questa volta meno centrale, c'è un'altra fila ad affollare i marciapiedi, quella di chi è in cerca di un pasto caldo da chiedere all'associazione "Pane Quotidiano". Immagini che stridono con quelle che arrivano dal centro e che raccontano un altro volto della città, quello di chi in questa pandemia sembra aver perso tutto: non c'è distinzione di sesso o di età, le persone in fila lungo viale Tibaldi hanno in comune il bisogno quanto mai primario di chiedere aiuto. Non sono gli ultimi, ma sono i cittadini di cui nessuno parla ormai da troppi anni e che forse fanno meno notizia di una lunga fila in corso Vittoria Emanuele eppure sono quelli che questa pandemia la potrebbero spiegare davvero. Ma a stridere ai nostri occhi sono quelle folle perse per le strade del centro alla ricerca di una normalità che per Milano sembra essere ancora lontana, una città che vuole ripartire senza però cambiare.
Questa pandemia è di passaggio ma i mutamenti che porterà con sé saranno duraturi e iniziare ad accettarli è il primo passo per poter ripartire nel modo giusto. Il vero fallimento è non accettare che Milano non sarà più la stessa ancora per molto tempo e quando tornerà pian piano a riappropriarsi di se stessa lo farà con la verve di sempre, con la consapevolezza che c'è bisogno di fondamenta e di identità e che sono le necessità di tutti e non di pochi a renderla ciò che è davvero e ciò che ha bisogno di essere. Perché sono quei "tutti" a essere rimasti qui, a testa alta, affacciati a un balcone in primavera, o dietro a una finestra in inverno, in attesa che passi la tormenta. E che la città torni a muoversi, ma questa volta nel modo giusto.